
Era sera in Italia quando SpaceX ha iniziato una nuova missione da record con il lancio dalla base di Vandenberg di un razzo Falcon 9 il cui primo stadio era al terzo volo. Tutto ha funzionato bene, compreso il terzo atterraggio controllato. Nel frattempo, il secondo stadio ha portato in orbita un gruppo di ben 64 piccoli satelliti che nel giro di circa mezz’ora sono stati inseriti in un’orbita eliosincrona, in inglese Sun-synchronous orbit, da cui il nome della missione SSO-A SmallSat Express. Per SpaceX trattava della diciannovesima missione dell’anno, superando le 18 compiute nel 2017.
Tipicamente i satelliti di dimensioni piccole o piccolissime trovano spazio in lanci di satelliti più grandi venendo messi in orbita come carichi secondari ma ciò vuol dire dover attendere per trovare l’occasione giusta. I nanosatelliti possono trovare più facilmente spazio nei cargo spaziali che possono avere sistemi di lancio appositi, come l’ultima versione del russo Progress, o trasportarli sulla Stazione Spaziale Internazionale, che è dotata di un sistema di lancio apposito per quelli di classe CubeSat, sempre più diffusi. Con la crescita del mercato di questi tipi di satelliti stanno nascendo varie nuove soluzioni, in questo caso un lancio di gruppo per un totale di circa 4 tonnellate di carico.
Il record assoluto per il numero di satelliti lanciati in un volo è stato stabilito il 15 febbraio 2017, quando un PSLV indiano mise in orbita ben 104 satelliti. I 64 lanciati da SpaceX sono al secondo posto e costituiscono il record per gli USA e per l’azienda di Elon Musk, che in questo caso ha fornito il razzo vettore lasciando la gestione dei clienti a Spaceflight, un’altra azienda aerospaziale che si è specializzata in questo tipo di servizi. In sostanza, Spaceflight ha acquistato il lancio del razzo Falcon 9 per poi vendere i posti a una serie di aziende ed enti vari.
Spaceflight ci ha messo anche la navicella che, una volta separatasi dal secondo stadio del razzo Falcon 9, ha cominciato a mettere in orbita i satelliti seguendo un preciso ordine e un preciso ritmo. Dato il numero davvero elevato di satelliti, la programmazione era fondamentale per evitare collisioni con rischi di danneggiare la navicella e far fallire la messa in orbita di altri satelliti.
I lanci di gruppo di satelliti piccoli e piccolissimi aumenteranno e sul mercato si stanno affacciando anche nuove soluzioni. Rocket Lab è un’azienda che ha recentemente completato il primo lancio commerciale con il suo piccolo razzo Electron, Virgin Orbit di Richard Branson sta sviluppando il sistema LauncherOne per lanciare un piccolo razzo sotto la pancia di un aereo Boeing 747 e altre aziende nei prossimi anni offriranno diverse soluzioni per lanci di satelliti piccoli o piccolissimi.
Sarà interessante vedere come si evolverà il mercato e se aziende come Spaceflight continueranno a organizzare lanci di gruppo su razzi come il Falcon 9, che con la versione Block 5 del primo stadio ha una capacità di lancio che ormai si avvicina a quella dei lanciatori pesanti. I costi sono un fattore fondamentale nelle scelte e SpaceX continua a lavorare sul riutilizzo dei vari componenti del suo razzo.
In varie occasioni il primo stadio di un razzo Falcon 9 era stato riutilizzato una seconda volta ma nella missione SSO-A SmallSat Express per la prima volta un primo stadio ha compiuto il terzo volo dopo quello dell’11 maggio 2018 per mettere in orbita il satellite Bangabandhu-1 e quello del 7 agosto 2018 per mettere in orbita il satellite Merah Putih. Anche ieri sera ha funzionato alla perfezione ed è atterrato sulla piattaforma marina automatizzata “Limitati a leggere le istruzioni” nell’Oceano Pacifico.
Per SpaceX si è trattato di un lancio importante per provare l’affidabilità del primo stadio del Falcon 9. Con questo successo possiamo aspettarci che entro pochissimi anni il numero di voli compiuti diventi sempre meno importante. Ieri SpaceX ha compiuto anche un altro tentativo di recupero della cupola protettiva: Elon Musk ha comunicato che non sono riusciti a prenderlo nella grande rete costruita a quello scopo ma l’hanno recuperato nell’oceano. Il problema è che non si tratta solo di due blocchi di metallo ma ci sono parti elettroniche e meccanismi vari che possono essere degradati dall’acqua salata. I tentativi continueranno.
