Due articoli, disponibili qui e qui, pubblicati sulla rivista “The Astrophysical Journal Letters” riportano altrettanti studi sulla supernova catalogata come SN 2023ixf. Due team di ricercatori con vari membri in comune hanno esaminato l’evoluzione di questa supernova scoperta nella cosiddetta Galassia Girandola. Per farlo, hanno usato diversi strumenti tra i quali alcuni del Center for Astrophysics (Cfa) Harvard & Smithsonian che hanno permesso osservazioni in diverse bande elettromagnetiche. I risultati sono stati diversi rispetto a quanto ci si aspettava dall’esplosione di una stella massiccia con un ritardo nel momento del picco dell’impulso luminoso appena prima dell’esplosione. La conclusione è che ciò è stato dovuto alla presenza di materiali densi espulsi dalla stella nell’anno precedente alla supernova.
L’immagine in alto (Cortesia S. Gomez/STScI. Tutti i diritti riservati) mostra un’immagine della Galassia Girandola con l’indicazione della posizione della supernova 2023ixf catturata il 27 giugno 2023 usando vari filtri a frequenze ottiche e infrarosse.
La Galassia Girandola, conosciuta anche con le sigle di catalogo M 101 o NGC 5457, è distante circa 20 milioni di anni luce dalla Terra. Ciò significa che è relativamente vicina quando si tratta di studiare una supernova ed è il motivo per cui è possibile ottenere molti dati di quella catalogata ome SN 2023ixf. Essa è stata scoperta il 19 maggio 2023 dall’astrofilo giapponese Kōichi Itagaki e successivamente studiata con osservazioni mirate grazie al suo allarme.
SN 2023ixf è il risultato dell’esplosione di una stella massiccia, una cosiddetta supernova di tipo II. Le conoscenze relative a questo tipo di supernova avevano determinato certe aspettative sulla sua evoluzione ma le osservazioni hanno rilevato qualcosa di diverso. In particolare, quello che in gergo viene chiamato shock breakout e indica il picco dell’impulso luminoso appena prima dell’esplosione è stato ritardato di diversi giorni.
Lo shock breakout viene generato quando l’onda d’urto dall’esplosione raggiunge il bordo esterno della stella. Un team guidato da Daichi Hiramatsu, postdoc di Cfa, ha esaminato dati raccolti con vari strumenti che hanno rilevato il ritardo nello shock breakout. La conclusione è stata che si tratta di una prova diretta della presenza di materiali densi provenienti da una recente perdita di massa. Le osservazioni hanno rivelato una perdita paragonabile alla massa del Sole nell’anno precedente all’esplosione.
Si tratta di una scoperta inaspettata ma importante per capire meglio i processi in atto prima di una supernova. Una perdita di massa così estrema indica una potenziale instabilità della stella progenitrice negli ultimi anni di vita prima della supernova. Edo Berger, professore di astronomia a Harvard e al Cfa, ha condotto altre osservazioni che, combinate con quelle del team di Daichi Hiramatsu, hanno fornito un quadro più completo della situazione. In particolare, rilevazioni a onde millimetrice condotte con il Submillimeter Array (SMA) del Cfa hanno mostrato la collisione tra i detriti della supernova e i materiali densi espulsi in precedenza.
L’instabilità della stella progenitrice potrebbe essere collegata alle fasi finali della fusione nucleare di elementi pesanti come il silicio nel nucleo stellare. Le osservazioni continueranno per capire meglio la situazione nel mezzo interstellare attorno alla stella progenitrice. Sono informazioni utili per migliorare i modelli relativi alle supernove generate dall’esplosione di stelle massicce che spargono nello spazio gli elementi pesanti creati nei loro nuclei contribuendo alla formazione di nuovi pianeti con l’inclusione dei possibili ingredienti necessari all’emergere di forme di vita.