Una nuova immagine catturata dal telescopio spaziale James Webb ritrae la Nebulosa del Granchio (Immagine NASA, ESA, CSA, STScI, T. Temim (Princeton University)), i resti della supernova avvistata sulla Terra e registrata nel 1054, distante dalla Terra circa 6.500 anni luce. Le possibilità di osservazione dell’epoca erano a dir poco limitare rispetto a quelle odierne perciò ci sono ancora domande riguardanti quella supernova. Gli strumenti NIRCam e MIRI hanno permesso di ottenere dettagli agli infrarossi che mostrano la radiazione di sincrotrone al suo interno, prodotta dalla pulsar al suo centro che si è formata dal nucleo della stella progenitrice esplosa nel 1054.
Scoperta indipendentemente nel 1731 da parte dell’astronomo inglese John Bevis e nel 1758 da quello francese Charles Messier, l’origine della Nebulosa del Granchio è stata ricostruita identificandola nella supernova registrata in documenti storici del 1054, quando fu visibile a occhio nudo. Quell’esplosione ha lasciato una pulsar, una stella di neutroni soprannominata pulsar del Granchio che ha una massa che è circa una volta e mezzo quella del Sole concentrata in un piccolissimo volume.
Gli strumenti costruiti negli ultimi decenni sono in grado di fornire osservazioni che gli astronomi del 1054 non potevano neppure immaginare. La Nebulosa del Granchio è tra i resti di supernova studiati più volte, in un caso anche combinando cinque diversi telescopi per ottenere osservazioni in diverse bande elettromagnetiche.
L’inizio della missione scientifica del telescopio spaziale James Webb ha permesso di ottenere nuove osservazioni agli infrarossi con i suoi strumenti NIRCam (Near-Infrared Camera) e MIRI (Mid-Infrared Instrument). Il risultato è in apparenza simile a quello ottenuto in passato a frequenze ottiche usando il telescopio spaziale Hubble ma i dettagli catturati da Webb sono molto superiori e offrono molte informazioni interessanti.
I resti di una supernova sono composti da materiali espulsi in parte dalla stella progenitrice nel corso della sua agonia e in parte dalla supernova. Gli astronomi sono interessati a ottenere informazioni sulla composizione di quei materiali sfruttando la sensibilità e la risoluzione spaziale di Webb, in particolare sulle quantità di ferro e nickel presenti. Sono informazioni preziose per capire le caratteristiche della supernova e della stella progenitrice.
La massa totale della pulsar e della nebulosa sembrano insufficienti per formare una stella abbastanza massiccia da morire in una supernova. D’altra parte, la formazione della pulsar sembra una prova inoppugnabile dell’esplosione di una stella massiccia e non di una nana bianca che ha rubato gas a una compagna.
La pulsar del Granchio, con il suo potente campo magnetico, accelera particelle a velocità relativistiche generando quella che viene chiamata radiazione di sincrotrone. Questo fenomeno è visibile nelle immagini catturate da Webb come un materiale fumoso presente nella maggior parte della Nebulosa del Granchio.
La pulsar continua anche a spingere verso l’esterno i materiali della nebulosa e ha determinato un’accelerazione della velocità della loro espansione ben dopo la supernova. Forse ci sono materiali che sono ben lontani dalla pulsar perché espulsi già dalla stella progenitrice. Potrebbero essersi raffreddati al punto da essere invisibili anche a uno strumento sensibile come il telescopio spaziale James Webb. Gli astronomi continuano a lavorare sulla ricostruzione della storia di questa supernova e delle sue conseguenze. Nel frattempo, continuano a osservarne i resti per scoprire i suoi segreti, in particolare quelli legati agli elementi generati, che potrebbero finire in un sistema stellare in formazione.