August 2024

Immagine dell'indagine CEERS (Immagine NASA, ESA, CSA, Steve Finkelstein (UT Austin))

Un articolo pubblicato sulla rivista “The Astrophysical Journal” riporta i risultati di uno studio riguardante galassie primordiali che sembravano troppo massicce per la loro età concludendo che in realtà era la luce generata dall’attività dei loro buchi neri supermassicci a creare un’impressione sbagliata. Un team di ricercatori guidato da Katherine Chworowsky, studentessa all’Università del Texas a Austin (UT Austin), ha esaminato le osservazioni condotte con il telescopio spaziale James Webb all’interno dell’indagine Cosmic Evolution Early Release Science (CEERS) per giungere a queste conclusioni.

Un articolo pubblicato sulla rivista “Nature Astronomy” riporta una possibile ricostruzione del sistema della stella nana ultrafredda TRAPPIST-1 che ha portato all’attuale configurazione dei suoi sette pianeti rocciosi. Un team di ricercatori ha esaminato le loro orbite e in particolare le loro risonanze orbitali concludendo che i pianeti si sono formati in due fasi in un disco protoplanetario diviso in due parti. Inizialmente ciò ha portato alla formazione di due sottosistemi planetari e solo successivamente vi sono state migrazioni planetarie con influenze tra vari pianeti che hanno portato alla situazione attuale.

L'ammasso della Chioma (Immagine CTIO/NOIRLab/DOE/NSF/AURA. Elaborazione: D. de Martin & M. Zamani (NSF NOIRLab)

Un’immagine catturata dalla Dark Energy Camera (DECam) ritrae l’ammasso della Chioma, conosciuto anche come Abell 1656, così chiamato perché fa parte della costellazione della Chioma di Berenice. La DECam è stata progettata per condurre una lunga indagine sull’energia oscura ma è utile anche per altri tipi di studi astronomici. L’ammasso della Chioma è legato allo studio della materia oscura dato che l’incoerenza tra la stima della sua massa globale e la misurazione dei suoi effetti gravitazionali stimolarono le ricerche che portarono agli odierni modelli sulla materia oscura.

Uno spaccato dell'interno di Marte sotto il lander InSight della NASA con lo strato superiore della crosta secco e la crosta media saturata d'acqua

Un articolo pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS)” riporta i risultati di un’analisi dei dati sismici rilevati sul pianeta Marte dal lander InSight della NASA che conclude che la crosta media marziana potrebbe essere piena d’acqua liquida che satura uno strato di roccia ignea. Vashan Wright e Matthias Morzfeld della Scripps Institution of Oceanography e Michael Manga dell’Università di Berkeley hanno utilizzato modelli simili a quelli impiegati per mappare faglie acquifere e pozzi di petrolio per cercare di capire la composizione di strati profondi del sottosuolo marziano.

La miglior spiegazione ai dati raccolti dalla missione InSight è che tra 11,5 e 20 chilometri di profondità vi sia uno strato di roccia ignea saturata da acqua liquida. La profondità rende impossibile arrivarci ma se tutta la crosta media marziana fosse fatta così, ci sarebbe una quantità di acqua tale che sulla superficie formerebbe un oceano profondo tra uno e due chilometri.

La regione di Caralis Chaos su Marte

Un’immagine catturata dalla macchina fotografica High Resolution Stereo Camera (HRSC) della sonda spaziale Mars Express dell’ESA mostra la regione del pianeta Marte chiamata Caralis Chaos. A una prima occhiata, può sembrare l’ennesima area marziana costellata di crateri e rilievi scavati dai venti ma quando il pianeta rosso era giovane ospitava il Lago Eridania, più grande di tutti i laghi terrestri. Occupava un’area di oltre un milione di chilometri quadrati che includono Atlantis Chaos, un’area vicina a Caralis Chaos. Pian piano, quel lago si prosciugò in seguito al progressivo collasso ambientale che trasformò un pianeta simile alla Terra in quello attuale.