Poche ore fa le 4 sonde spaziali MMS (Magnetospheric Multiscale Mission) sono state lanciate su un razzo vettore Atlas V 421 da Cape Canaveral. Dopo quasi due ore le navicelle hanno cominciato a separarsi dall’ultimo stadio del razzo, una alla volta a intervalli di circa cinque minuti. È solo l’inizio di una complessa fase di test, di dispiegamento delle aste con i sensori e di posizionamento delle sonde in una configurazione a tetraedro che durerà oltre cinque mesi.
La missione MMS è davvero ambiziosa perché è basata sul lavoro di una costellazione di 4 sonde spaziali identiche che dovranno operare assieme in una formazione a tetraedro per poter effettuare rilevazioni tridimensionali. Lo scopo è quello di studiare la magnetosfera terrestre in un modo più sofisticato di quelli tentati in precedenza.
In particolare, le sonde spaziali studieranno il fenomeno della riconnessione magnetica. Si tratta di un processo in plasma altamente conduttivo in cui la topologia magnetica viene riordinata e l’energia magnetica viene convertita in energia cinetica e termica e nell’accelerazione di particelle.
Questo processo avviene in molte parti del cosmo: nell’atmosfera delle stelle, nelle vicinanze di buchi neri e stelle di neutroni e ai confini tra l’eliosfera del sistema solare e lo spazio interstellare. Le sonde spaziali MMS osserveranno il fenomeno nelle vicinanze della Terra per comprenderlo a livello più generale.
La riconnessione magnetica provoca diversi effetti sul Sole e sulla Terra. I più evidenti sono le emissioni di massa coronale dal Sole e le aurore sulla Terra. Si tratta quindi di un fenomeno non solo interessante dal punto di vista scientifico ma che ha anche conseguenze sul pianeta. Le tempeste solari hanno un potenziale sempre più pericoloso considerando che ci sono sempre più satelliti in orbita e le reti elettriche in superficie sono sempre più complesse.
Lo studio della riconnessione magnetica è importante anche nelle ricerche sulla fusione nucleare controllata. Ciò perché questo fenomeno è quello che previene il confinamento magnetico nel materiale usato nella fusione. La conseguenza è che comprenderlo meglio potrebbe permettere di compiere progressi anche in queste ricerche.
È per questi motivi che la NASA ha investito circa un miliardo e cento milioni di dollari nella missione MMS. Le attuali conoscenze sulla riconnessione magnetica derivano soprattutto da studi teorici, modelli informatici e osservazioni di eventi visti sul Sole. Il grosso problema è che le conoscenze attuali sono approssimative.
Le 4 sonde spaziali MMS permetteranno di ottenere misurazioni dirette di questo fenomeno effettuate in quello che è stato definito un laboratorio spaziale. Esse infatti viaggeranno nella magnetosfera terrestre, che è un ambiente pieno di plasma. È un ambiente perfetto per scoprire i segreti della riconnessione magnetica.
Le sonde spaziali MMS useranno i loro 11 strumenti con un totale di 25 sensori per misurare la velocità delle particelle cariche, il movimento di plasma e di campi elettromagnetici con livelli di accuratezza mai raggiunti prima. Nel corso della loro missione primaria della durata di due anni voleranno in un’orbita fortemente ellittica che varierà nel tempo. Anche la distanza tra le sonde verrà modificata nel corso del tempo, con un minimo di 10 km tra di esse.
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