5 telescopi per la Nebulosa del Granchio

Immagine composita della Nebulosa del Granchio (Immagine NASA, ESA, G. Dubner (IAFE, CONICET-University of Buenos Aires) et al.; A. Loll et al.; T. Temim et al.; F. Seward et al.; VLA/NRAO/AUI/NSF; Chandra/CXC; Spitzer/JPL-Caltech; XMM-Newton/ESA; and Hubble/STScI)
Immagine composita della Nebulosa del Granchio (Immagine NASA, ESA, G. Dubner (IAFE, CONICET-University of Buenos Aires) et al.; A. Loll et al.; T. Temim et al.; F. Seward et al.; VLA/NRAO/AUI/NSF; Chandra/CXC; Spitzer/JPL-Caltech; XMM-Newton/ESA; and Hubble/STScI)

Un articolo pubblicato sulla rivista “The Astrophysical Journal” descrive una nuova ricerca sulla nebulosa del Granchio basata su immagini che abbracciano un’ampia parte dello spettro elettromagnetico perché assemblate mettendo assieme immagini a lunghezze d’onda molto diverse. Questi resti di una supernova sono stati immortalati da ben cinque telescopi: il radiotelescopio VLA (onde radio) in rosso, i telescopi spaziali Spitzer (infrarossi) in giallo, Hubble (visibile) in verde, XMM-Newton (ultravioletti) in blu e Chandra (raggi X) in viola.

La nebulosa del Granchio costituisce ciò che rimane dopo la supernova avvistata sulla Terra e registrata nel 1054 ed è distante dalla Terra circa 6.500 anni luce. Al suo centro c’è la pulsar del Granchio, conosciuta anche con le sigle PSR B0531+21 o PSR J0534+2200, che ha una massa che è circa una volta e mezzo quella del Sole concentrata in un volume del diametro di circa 10 chilometri.

Attorno alla pulsar ci sono vari materiali, in parte espulsi dalla stella prima ancora che esplodesse in una supernova e in parte espulsi nel corso di quell’evento catastrofico. La pulsar è una stella di neutroni che ruota su se stessa una volta ogni 33 millisecondi portando elevate energie alla nebulosa con le sue potenti emissioni elettromagnetiche.

Dopo la sua scoperta, avvenuta indipendentemente nel 1731 da parte dell’astronomo inglese John Bevis e nel 1758 da quello francese Charles Messier, gli studi della nebulosa del Granchio sono progrediti assieme agli strumenti a disposizione dei ricercatori. Negli ultimi anni, grazie a telescopi spaziali che coprono varie parti dello spettro elettromagnetico e ai radiotelescopi al suolo, è possibile osservare vari aspetti di questa nebulosa e tutti questi dati sono stati messi assieme in questa nuova ricerca.

Il risultato, come succede spesso in questo tipo di studi, sono immagini mozzafiato ma anche nuove informazioni utilissime ai ricercatori per capire meglio certi processi cosmici. In questo caso, Gloria Dubner dell’Università di Buenos Aires in Argentina ha guidato un team che sta studiando ciò che succede nei secoli che seguono una supernova, uno degli eventi più energetici dell’universo con conseguenze a lungo termine ancora da capire con precisione.

Il filmato in fondo all’articolo mostra le varie immagini catturate dai diversi telescopi che sono state assemblate in quella composita presentata come esempio in questa ricerca. La nebulosa del Granchio è un oggetto complesso perciò viene vista in modo molto diverso a varie lunghezze d’onda. È anche l’ennesima conferma del motivo per cui vengono costruiti telescopi specializzati in diverse frazioni dello spettro elettromagnetico e dell’utilità di combinare le osservazioni di diversi telescopi.

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