Scoperti sali e composti organici nel cratere Urvara sul pianeta nano Cerere

Il cratere Urvara sul pianeta nano Cerere
Un articolo pubblicato sulla rivista “Nature Communications” riporta l’identificazione di sali e composti organici nel cratere Urvara sul pianeta nano Cerere. Un team di ricercatori ha utilizzato i dati raccolti dalla sonda spaziale Dawn della NASA per condurre l’indagine più dettagliata sul cratere Urvara, il terzo cratere da impatto per dimensioni su Cerere. I risultati non sono sorprendenti e anzi confermano le scoperte degli anni scorsi riguardanti soprattutto i due crateri più grandi, Occator ed Ernutet. Le celebri macchie bianche che sono state chiamate in gergo faculae, misteriose prima degli esami ravvicinati, brillano grazie ai sali contenuti e ora è arrivata la conferma anche per Urvara. Questo risultato conferma anche la presenza almeno in passato di un oceano sotterraneo in cui acqua molto salata rimaneva allo stato liquido e forse ce n’è ancora.

La missione della sonda spaziale Dawn è terminata ufficialmente il 1 novembre 2018 lasciando un tesoro di fotografie e altri dati raccolti nel corso di oltre tre anni trascorsi in orbita attorno al pianeta nano Cerere. Durante l’ultima fase della missione, sono state compiute le manovre più rischiose in cui Dawn è scesa fino a 35 chilometri sopra la superficie di Cerere per ottenere immagini ancor più dettagliate di quelle scattate in precedenza. Quelle del cratere Urvara sono risultate utili anche per questo nuovo studio sui composti presenti al suo interno.

Con un diametro di circa 170 chilometri, Urvara è il terzo cratere da impatto su Cerere e, come gli altri crateri maggiori di questo pianeta nano, offre informazioni importanti sulla sua geologia e mineralogia. Le immagini di Urvara mostrano un terreno molto variabile e varie formazioni geologiche che vanno dalle pareti multiple terrazzate (terraced walls nell’immagine, MPS, basata su dati della missione Dawn: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA) a quella che può essere considerata una sorta di catena montuosa (central ridge) al suo interno che si estende per circa 25 chilometri. Nell’area meridionale ci sono scogliere, aree piene di massi e faculae, le celebri macchie bianche diventate iconiche grazie alle immagini di Dawn.

Un risultato interessante delle analisi indica che diverse aree del cratere Urvara hanno età molto diverse con differenze che possono arrivare a 100 milioni di anni. Si tratta di un altro risultato che conferma che almeno in passato sono stati in atto vari processi geologici che sono continuati ben dopo la formazione del cratere, avvenuta circa 250 milioni di anni fa.

Sali sono stati rilevati in passato in altre macchie bianche, come quelle del cratere Occator, e materiali organici sono stati rilevati nel cratere Ernutet. La combinazione di entrambi i tipi di composti è stata scoperta per la prima volta nel cratere Urvara. Ciò mostra ancor di più la complessità dei processi geologici e chimici in atto almeno nel passato.

Secondo i ricercatori, anche in questo caso, probabilmente questi composti sono stati portati in superficie da criovulcani, che eruttano liquidi e composti volatili che evaporano e si disperdono lasciando sulla superficie sali mescolati ad altri composti come quelli organici. Per questo motivo, si aggiunge ad altri studi collegati all’astrobiologia che valutano la potenziale abitabilità di oceani sotterranei. Nel caso del pianeta nano Cerere, è possibile che vi sia ancora acqua allo stato liquido grazie a sali che hanno un effetto antigelo a profondità di 40 chilometri.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *