Nuovi dettagli della Nebulosa di Orione catturati dal telescopio spaziale James Webb

La Nebulosa di Orione vista dal telescopio spaziale James Webb (Immagine cortesia NASA, ESA, CSA, PDRs4All ERS Team; elaborazione immagine Salomé Fuenmayor)
La Nebulosa di Orione vista dal telescopio spaziale James Webb (Immagine cortesia NASA, ESA, CSA, PDRs4All ERS Team; elaborazione immagine Salomé Fuenmayor)

Nuove immagini della regione interna della Nebulosa di Orione catturate dal telescopio spaziale James Webb mostrano nuovi dettagli di una culla stellare che è stata già studiata molte nel corso del tempo ma continua a rivelare nuovi oggetti ogni volta che un nuovo strumento viene usato per studiarla. Queste osservazioni sono state condotte come parte del programma ERS (Early Release Science) di Webb e ottenute l’11 settembre perciò al momento non sono ancora disponibili articoli scientifici sull’argomento ma nel futuro possiamo aspettarci analisi dei dati raccolti e qualche nuova scoperta sui processi legati alla formazione di stelle e pianeti.

Lanciato il 25 dicembre 2021, il telescopio spaziale James Webb sta appena cominciando a dimostrare tutto il suo potenziale con immagini più dettagliate e chiare di qualsiasi altra ottenuta prima di vari oggetti cosmici. Tra gli obiettivi scelti per il programma ERS c’è anche la Nebulosa di Orione, parte del Complesso nebuloso molecolare di Orione, o semplicemente Complesso di Orione, un’enorme nube molecolare che contiene varie regioni di formazione stellare molto interessanti.

Le giovani stelle massicce presenti nella Nebulosa di Orione emettono forti radiazioni ultraviolette nella nube molecolare circostante. Ciò ha vari effetti su quell’ambiente alcuni dei quali sono visibili come l’influenza sulla forma della nube mentre altri sono più difficili da rilevare e comprendere. Molecole ionizzate possono essere rilevate tramite i cambiamenti di colore ma i cambiamenti chimici non sono sempre così evidenti.

L’immagine in basso (NASA, ESA, CSA, PDRs4All ERS Team; elaborazione immagine Salomé Fuenmayor) mostra alcuni degli oggetti interessanti presenti nell’area fotografata. Ci sono varie stelle come ad esempio Theta2 Orionis A, la più brillante, al punto da essere visibile a occhio nudo da un luogo sulla Terra abbastanza buio.

Oltre alle stelle e a varie protostelle ci sono filamenti molto variegati riguardo a dimensioni e forme. Quelli nel riquadro sono ricchi di idrocarburi e idrogeno molecolare dal quale possono nascere altre stelle. Gli astronomi ritengono che siano stati creati da movimenti turbolenti del gas all’interno della nebulosa.

Uno dei vantaggi dell’uso del telescopio spaziale James Webb sta nella sua capacità di rilevare frequenze infrarosse più estesa rispetto ad altri telescopi come Hubble. La polvere presente in culle stellari come la Nebulosa di Orione blocca molte frequenze elettromagnetiche e quelle infrarossi sono tra le poche che la attraversano.

La Nebulosa di Orione è molto brillante agli infrarossi e c’era il dubbio che ciò potesse rappresentare un problema per i sensibili strumenti del telescopio spaziale James Webb. I risultati mostrano come Webb possa catturare straordinarie immagini anche nel caso delle fonti infrarosse più luminose del cosmo. Il team del progetto Photodissociation Regions for All (PDRs4All), che studia ambienti come la Nebulosa di Orione, intende usare Webb per studiare questa e altre nubi molecolari con stelle massicce.

L’ambiente presente nella Nebulosa di Orione è considerato simile alla culla stellare in cui si formò il sistema solare e ciò la rende ancor più interessante. Le stelle massicce al suo interno erano già conosciute perché visibili ad altri strumenti ma Webb può individuare tra le polveri anche stelle più piccole e simili al Sole che potrebbero dar vita a sistemi planetari.

La Nebulosa di Orione vista dal telescopio spaziale James Webb (Immagine cortesia NASA, ESA, CSA, PDRs4All ERS Team; elaborazione immagine Salomé Fuenmayor)

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