Un articolo pubblicato sulla rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” riporta uno studio dell’ammasso aperto NGC 3324, parte della Nebulosa della Carena, una delle più grandi culle di stelle conosciute. Un team di ricercatori ha utilizzato osservazioni condotte con il telescopio spaziale James Webb per studiare in particolare un’area ai margini di NGC 3324 soprannominata Scogliere Cosmiche. Il soprannome è dovuto all’aspetto frastagliato come una scogliera ma invece di acqua e rocce c’è una distesa di gas e polveri. L’ampiezza delle frequenze infrarosse rilevate da Webb ha permesso di ottenere più che mai dettagli di ciò che avviene in mezzo a quelle nubi cosmiche trovando 24 nuovi deflussi di idrogeno molecolare associato ad altrettante protostelle.
Le Scogliere Cosmiche ai margini dell’ammasso NGC 3324 erano già state studiate più volte in passato per cercare di trovare le tracce di protostelle e stelle neonate o comunque molto giovani in termini astronomici. In questi casi, il problema è che le nubi di gas e polveri in cui si sono formate bloccano molte frequenze elettromagnetiche. Gli infrarossi sono tra i pochi a passare attraverso quelle nubi e uno dei motivi per cui il telescopio spaziale James Webb è stato progettato per vedere agli infrarossi in modo più ampio rispetto ad altri strumenti come Hubble.
La formazione stellare rende particolarmente interessanti le Scogliere Cosmiche per gli astronomi e costituisce il motivo per cui sono state scelte tra gli obiettivi delle prime immagini catturate con il telescopio spaziale James Webb a essere pubblicate. Rispetto a Hubble, Webb ha una maggiore sensibilità che ha permesso di esaminare regioni più distanti e una vista più estesa negli infrarossi che ha permesso di guardare più a fondo dentro le nubi le prime fasi della formazione stellare.
L’immagine in alto (NASA, ESA, CSA, STScI. Scienza: Megan Reiter (Rice University). Elaborazione immagine: Joseph DePasquale (STScI), Anton M. Koekemoer (STScI)) mostra le Scogliere Cosmiche e nei riquadri sul lato destro i particolari di alcune aree con le indicazioni di deflussi di idrogeno, getti e bow shock, le onde d’urto causate da quell’attività.
Megan Reiter della Rice University, prima autrice di questo studio, ha spiegato che Webb ci offre un’istantanea che ci permette di vedere quanta formazione stellare sta avvenendo in ciò che potrebbe essere un tipico angolo dell’universo che non potevamo vedere prima. Ha anche dichiarato che ora sappiamo dove guardare la prossima volta per esplorare quali variabili sono importanti per la formazione di stelle come il Sole.
In particolare, il telescopio spaziale James Webb ha permesso di tracciare i movimenti dell’idrogeno molecolare, il gas che va a formare nuove stelle. Una parte di quell’idrogeno viene espulsa in getti emessi ai poli stellari nei primi millenni della vita di una stella. Per questo motivo quei deflussi sono paragonati ai vagiti di quelle stelle.
Deflussi di idrogeno già conosciuti e altri 24 nuovi sono stati osservati dal telescopio spaziale James Webb nelle Scogliere Cosmiche ai margini dell’ammasso NGC 3324. L’immagine in basso (NASA, ESA, CSA and STScI) mostra un’area delle Scogliere Cosmiche viste dallo strumento Near-Infrared Camera (NIRCam) del telescopio spaziale James Webb con le indicazioni dei getti associati alle stelle che si stanno formando.
Riguardo ai deflussi già conosciuti, i ricercatori hanno potuto stimare la velocità e la direzione dei getti di gas confrontando le osservazioni condotte con Webb con qelle dell’archivio di Hubble risalenti a 16 anni fa. In questa fase, l’attività di protostelle e stelle neonate è molto rapida in termini astronomici perciò 16 anni fanno già una certa differenza.
Culle stellari come la Nebulosa della Carena e le sue varie regioni sono state incluse tra i primi obiettivi del telescopio spaziale James Webb perché gli astronomi credevano che avrebbero ottenuto nuovi dati molto interessanti sulla formazione stellare. Questo studio dà loro ragione e riguarda solo un’area di spazio che è piccola in termini astronomici. Ciò significa che possiamo attendere con fiducia nuove immagini straordinarie di altre regioni di formazione stellare e soprattutto nuovi dati sui processi che portano alla formazione e all’evoluzione di nuove stelle e nuovi pianeti.