Individuate alcune delle galassie che potrebbero aver trasformato l’universo da un luogo buio a uno illuminato

Uno schema del passaggio dall'universo pieno di idrogeno neutro e buio a quello luminoso che segue l'epoca della reionizzazione
Un articolo pubblicato sulla rivista “Astronomy & Astrophysics” riporta l’individuazione di un gruppo di galassie primordiali che potrebbero essere tra quelle che hanno contribuito alla reionizzazione dell’universo, facendolo diventare da buio a luminoso. Un team di ricercatori coordinato dall’INAF (Istituto nazionale di astrofisica) ha usato osservazioni condotte con il telescopio spaziale James Webb all’interno del programma GLASS-JWST per studiare 29 galassie molto lontane e quindi antiche. L’esame delle caratteristiche fisiche di quelle galassie ha portato i ricercatori a concludere che l’80% di esse ha contribuito in modo significativo alla reionizzazione.

L’epoca della reionizzazione è stato un periodo cruciale nella storia dell’universo in cui l’idrogeno, che nel primo periodo di vita dell’universo era neutro, venne separato in protoni ed elettroni. L’idrogeno neutro bloccava la luce percià la reionizzazione trasformò l’universo da un luogo buio a uno illuminato dalla luce delle stelle primordiali. Gli astronomi stanno cercando di individuare le cause di quel processo.

L’immagine (ESA – C. Carreau) mostra uno schema del passaggio dall’universo pieno di idrogeno neutro e buio a quello luminoso che segue l’epoca della reionizzazione. Sul lato sinistro viene mostrata una parte della mappa della radiazione cosmica di fondo.

I quasar sono stati sospettati di essere la causa della reionizzazione per le potentissime emissioni elettromagnetiche che generano, ritenute in grado di ionizzare l’idrogeno a enormi distanze. Tuttavia, la quantità di quasar nell’universo primordiale sembra troppo limitata. Un’altra ipotesi vede giovani galassie con una notevole formazione stellare come responsabili della reionizzazione ma ciò è possibile solo se una quantità sufficiente di energia sia fuoriuscita dalla maggioranza di quelle galassie nel mezzo intergalattico.

Ottenere dettagli delle galassie più lontane sufficienti a stimare il loro possibile contribuito alla reionizzazione dell’universo era quasi impossibile fino a poco tempo fa. Il telescopio spaziale James Webb ha mostrato fin dall’inizio della sua missione scientifica di poter offrire dettagli in quantità e qualità impossibili ad altri strumenti. Uno degli scopi principali di Webb è proprio lo studio dell’universo primordiale e il programma GLASS-JWST è concentrato sull’epoca della reionizzazione.

Le galassie osservate sono talmente lontane che gli astronomi hanno dovuto sfruttare l’ammasso galattico Abell 2744, conosciuto anche anche come Ammasso di Pandora, come lente gravitazionale per amplificare la debolissima luce che arriva dalle galassie dietro l’ammasso. Questo studio ne mostra i primi risultati del programma GLASS-JWST.

29 galassie molto lontane che vediamo com’erano quando l’universo aveva tra 650 milioni e 1,3 miliardi di anni sono state osservate con gli strumenti NIRSpec e NIRCam del telescopio spaziale James Webb. Ciò ha permesso di ottenere stime della loro compattezza e dei livelli di formazione stellare al loro interno. Anche per Webb è impossibile rilevare direttamente le capacità di ionizzazione di quelle galassie per l’impossibilità di rilevare direttamente i fotoni ad alta energia che hanno causato la reionizzazione del mezzo intergalattico. Per questo motivo, i ricercatori hanno stimato la loro capacità di emettere radiazioni ad alta energia confrontandole con galassie simili ma molto più giovani e vicine.

Secondo i ricercatori, l’80% delle galassie lontane esaminate contribuì alla reionizzazione dell’universo con un’emissione media del 12% dei loro fotoni ad alta energia, quelli utili a ionizzare l’idrogeno neutro. Ciò potrebbe aver reionizzato l’intero universo in un tempo relativamente breve dal punto di vista astronomico.

Queste conclusioni sono state raggiunte usando informazioni dedotte dalle osservazioni e non basandosi sui dati raccolti direttamente. Per questo motivo, sarà più che mai necessario ottenere altre conferme da ricavare tramite altre osservazioni e analisi. È previsto che i campioni di galassie esaminate verrà ampliato con altre osservazioni che verranno condotte sempre con il telescopio spaziale James Webb che includeranno galassie con masse più elevate o più distanti. La ricerca è lunga e complessa ma pian piano gli astronomi stanno esplorando un periodo cruciale per la storia dell’universo.

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