Un articolo pubblicato sulla rivista “The Astrophysical Journal Letters” riporta uno studio che indica che l’universo primordiale era molto più luminoso di quanto previsto dalle simulazioni basate sugli attuali modelli cosmologici. Un team di ricercatori coordinato dal Centro di Astrobiologia di Madrid ha usato osservazioni condotte con il telescopio spaziale James Webb per esaminare galassie che si sono formate tra 200 e 500 milioni di anni dopo il Big Bang. La combinazione di osservazioni condotte con lo strumento NIRCam e dell’indagine MIRI Deep Imaging Survey (MIDIS) dell’Hubble Ultra Deep Field (HUDF) su un campione di 44 galassie primordiali mostra la loro sorprendente luminosità e compattezza.
L’immagine (Cortesia Pierluigi Rinaldi, Rafael Navarro-Carrera, Pablo G. Pérez-González) mostra il cosiddetto campo ultra-profondo usato nell’indagine MIDIS e sulla destra evidenziate alcune delle galassie primordiali al centro di questo studio.
Molti astronomi stanno cercando di capire quando stelle e galassie cominciarono a formarsi dopo il Big Bang. Galassie primordiali sono state scoperte e studiate nei decenni scorsi usando il telescopio spaziale Hubble e l’inizio della missione scientifica del James Webb ha permesso di cominciare studi ancor più dettagliati. Ciò sta portando miglioramenti nei confronti tra simulazioni cosmologiche come Illustris e EAGLE create usando i modelli correnti e i dati raccolti.
Gli strumenti NIRCam e MIRI del telescopio spaziale James Webb hanno mostrato che un campione di 44 galassie che si sono formate entro i primi 500 milioni di anni di vita dell’universo sono più luminose e compatte di quanto previsto dai modelli cosmologici. In particolare, i fotoni ultravioletti risultano essere dieci volte più numerosi rispetto alle predizioni.
Fotoni ultravioletti possono essere generati da giovani stelle calde e massicce che hanno una vita breve e intensa. Possono essere generati anche dall’attività di buchi neri supermassicci riscaldando i materiali che li circondano. Queste galassie sono anche due o tre volte più compatte del previsto e anche questa caratteristica potrebbe essere causata dall’influenza dei buchi neri supermassicci. Tuttavia, questa possibile risposta porta ad altre domande.
Buchi neri supermassicci sono già stati osservati nell’universo primordiale ed è ancora difficile spiegare come si siano formati in tempi molto rapidi dal punto di vista astronomico. Diverse teorie sono state proposte negli ultimi anni per cercare di spiegare come un buco nero possa raggiungere una massa milioni di volte quella del Sole pochissime centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang. Come per le galassie primordiali, il problema era riuscire a ottenere osservazioni di qualità sufficiente a testare le varie teorie.
Questo studio è basato su un campione limitato di galassie delle quali il telescopio spaziale James Webb ha appena cominciato a fornire dati da analizzare. La combinazione degli strumenti NIRCam e MIRI ha permesso di rilevare galassie dieci volte più fioche di quelle studiate durante i primi sei mesi della missione scientifica di Webb. Ciò mostra come la messa a punto degli strumenti e del loro uso da parte dei ricercatori offra notevoli margini di miglioramento.
L’indagine MIDIS ha offerto sorprese e nuove domande. Osservare altre galassie primordiali aiuterà a creare una statistica sulle loro caratteristiche, in particolare sulla loro luminosità e sulla loro compattezza. Potrebbe essere necessario rivedere i modelli relativi alla formazione di stelle massicce in queste galassie e potrebbero arrivare nuove informazioni cruciali per capire la rapida formazione dei buchi neri supermassicci primordiali.