Un articolo pubblicato sulla rivista “The Astrophysical Journal Letters” riporta i risultati di un censimento dei più giovani buchi neri supermassicci esistiti nell’universo primordiale. Un team di ricercatori ha usato osservazioni condotte con il telescopio spaziale Hubble a partire dal cosiddetto campo ultra profondo di Hubble per cercare buchi neri supermassicci primordiali con l’aggiunta di dati raccolti recentemente usando il telescopio spaziale James Webb. La conclusione è che questi oggetti sono più numerosi del previsto, una conferma del fatto che si sono formati molto rapidamente. Questo nuovo studio aiuterà a capire come.
L’immagine (NASA, ESA, M. Hayes (Stockholm University), J. DePasquale (STScI)) mostra il campo ultra profondo di Hubble con un riquadro in cui c’è un ingrandimento di due galassie primordiali delle quali una contiene un buco nero supermassiccio che appare come una macchia bianca luminosa grazie alla sua attività.
Nel 2004, l’immagine di campo ultra profondo di Hubble portò l’esame di galassie primordiali a livelli che non erano mai stati raggiunti prima. Rappresentò una nuova pietra miliare nello studio di galassie che vediamo com’erano nella fase iniziale della loro vita. Da lì cominciò una nuova fase di studi con osservazioni e nuovi sviluppi dei modelli cosmologici legati alla formazione e all’evoluzione delle galassie.
Una fase degli studi cominciò a essere legata anche ai buchi neri supermassicci che vennero trovati anche al centro di galassie primordiali. Altri strumenti hanno contribuito a questo tipo di studio confermando che buchi neri supermassicci erano comuni già quando l’universo era molto giovane. Ciò pose i problema di capire come avessero potuto raggiungere masse che erano già molti milioni di volte superiori a quella del Sole in tempi molto rapidi dal punto di vista astronomico.
Questo nuovo censimento dei buchi neri supermassicci più giovani indica che ce n’erano più del previsto. Aree come quella del campo ultra profondo di Hubble sono state fotografate nuovamente offrendo nuovi dettagli e permettendo di rilevare variazioni nella luminosità delle galassie fotografate, un segno dell’attività dei buchi neri supermassicci. Ciò ha aiutato a identificarli con risultati migliori rispetto ad altri metodi.
Questo nuovo censimento suggerisce che alcuni di quei buchi neri supermassicci possano essersi formati a partire dal collasso di alcune delle prime stelle esistite nell’universo. Secondo i modelli, potevano essere stelle davvero colossali prive di elementi più pesanti di idrogeno ed elio, una situazione possibile solo nella primissima fase della storia dell’universo, prima che le stelle generassero elementi più pesanti.
Ogni nuovo studio può offrire nuovi dettagli e nuovi risultati utili per capire meglio le prime fasi della storia dell’universo, in questo caso la formazione dei primi buchi neri supermassicci. La loro evoluzione è legata a quella delle galassie che li ospitano perciò capire i processi che hanno portato alla formazione dei buchi neri supermassicci aiuta a capire la formazione e l’evoluzione delle galassie.
Questo censimento offre nuovi indizi per mettere alla prova vari modelli cosmologici riguardanti la formazione dei buchi neri supermassicci. Tra di essi ce n’è uno che vede la materia oscura tra i responsabili della rapida crescita dei buchi neri supermassicci primordiali recentemente pubblicato sulla rivista “Physical Review Letters”.
Le osservazioni condotte con il telescopio spaziale James Webb stanno aggiungendo nuovi dettagli sulle galassie primordiali e sui loro buchi neri supermassicci. Ciò offre anche maggior precisione nella stima delle loro masse e ciò costituisce un notevole aiuto nel testare i vari modelli della loro formazione per risolvere un mistero importante riguardante la prima fase della storia dell’universo.