Un frammento stellare individuato tra i resti di supernova SN 1006

Quattro osservazioni ai raggi X dei resti di supernova SN 1006
Un articolo pubblicato sulla rivista “Astronomy & Astrophysics” riporta uno studio del resto di supernova catalogato come SN 1006 che ha portato all’identificazione di un frammento della stella progenitrice. Un team di ricercatori guidato da Roberta Giuffrida dell’Università di Palermo e dell’INAF (Istituto nazionale di astrofisica) ha usato osservazioni condotte con vari telescopi sfruttando le emissioni d raggi X e le ha confrontate con modelli teorici. La conclusione è che questo frammento ricco di ferro si sta muovendo a una velocità elevatissima all’interno della nube di detriti generati dalla supernova. Si tratta di una scoperta utile nello studio delle supernove come questa, generate da esplosioni di nane bianche.

L’immagine in alto (Cortesia R. Giuffrida et al., A&A, 2024. Tutti i diritti riservati) mostra quattro osservazioni ai raggi X dei resti di supernova SN 1006. Ogni osservazione riporta le indicazioni del telescopio utilizzato e dell’anno in cui è avvenuta. La linea bianca nel pannello in alto a sinistra indica la direzione del resto di supernova, riportata anche nel pannello in alto a destra per rimarcarne lo spostamento.

La supernova SN 1006 è stata catalogata così perché è stata osservata sulla Terra nell’anno 1006. Fu talmente luminosa da essere visibile per almeno tre anni a occhio nudo anche durante il giorno e ne esistono molte registrazioni storiche con descrizioni anche dettagliate. Secoli dopo, quelle descrizioni hanno aiutato a individuare i suoi resti per studiarli.

Questa supernova è del tipo Ia e ciò significa che si è trattato dell’esplosione di una nana bianca, una stella già morta perché si tratta dei resti di una stella di massa piccola-media. Una nana bianca può esplodere quando cattura molto gas strappandolo a una stella vicina fino a innescare una reazione esplosiva oppure in seguito alla fusione di due nane bianche.

Gli astronomi sono interessati alle supernove di tipo Ia tra le altre cose perché generano un picco di luminosità che è molto simile in tutte le esplosioni di questo tipo. La conseguenza è che vengono utilizzate come riferimento per compiere misurazioni cosmologiche come quella della distanza della galassia che ne ospita una e per calcolare la velocità di espansione dell’universo.

Per tutti questi motivi, i resti della supernova SN 1006 sono stati studiati con parecchi strumenti in varie bande elettromagnetiche. L’anno scorso un articolo pubblicato sulla rivista “The Astrophysical Journal” riportava i primi risultati delle osservazioni della luce polarizzata a raggi X proveniente da questi resti.

Ci sono diversi meccanismi che possono generare emissioni energetiche come i raggi X in resti di supernova ed è il motivo per cui questo nuovo studio ha usato osservazioni di SN 1006 in quella banda ottenute con i telescopi spaziali NuSTAR e Chandra della NASA e XMM-Newton dell’ESA. Osservazioni agli infrarossi condotte con il telescopio spaziale Spitzer della NASA sono state aggiunte perché la regione oggetto di studio di questi resti di supernova è luminosa anche in quella banda.

I ricercatori hanno confrontato le informazioni ottenute grazie alle varie osservazioni di SN 1006 nel corso degli anni con i modelli teorici relativi ai diversi meccanismi che possono generare all’interno di quei resti di supernova emissioni di raggi X.

L’analisi delle emissioni ha permesso di trovarvi le tracce chimiche che indicano che il frammento è ricco di ferro e contiene anche silicio e neon. La forte ionizzazione di questi elementi genera le emissioni ad alta energia. Ciò significa che il meccanismo che è risultato compatibile è quello di un frammento espulso dalla stella progenitrice con una massa che è circa un millesimo di quella del Sole che viaggia a migliaia di chilometri orari all’interno della nube di materiali. La velocità ha portato quel frammento a oltre sei anni luce di distanza, oltre il guscio di detriti dell’onda d’urto.

I resti di supernova SN 1006 sono a poco più di 7.000 anni luce dalla Terra e quindi nel vicinato cosmico. Ciò rappresenta un vantaggio nell’osservazione dei processi in atto anche un millennio dopo che la luce dell’esplozione ha raggiunto la Terra. Questo studio offre nuove informazioni che sono utili nello studio di altri resti di supernove causate dall’esplosione di nane bianche.

I resti di supernova SN 1006 visti dall'Osservatorio per i raggi X Chandra (Immagine Smithsonian Institution)
I resti di supernova SN 1006 visti dall’Osservatorio per i raggi X Chandra (Immagine
Smithsonian Institution)

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