Scoperta la prima nana bianca pulsar

Rappresentazione artistica del sistema AR Scorpii (Immagine M. Garlick/University of Warwick/ESO)
Rappresentazione artistica del sistema AR Scorpii (Immagine M. Garlick/University of Warwick/ESO)

Un articolo pubblicato sulla rivista “Nature Astronomy” descrive la scoperta della prima nana bianca pulsar, un oggetto finora solo ipotizzato ma mai trovato. Un team di ricercatori dell’università britannica di Warwick l’ha identificata nel sistema AR Scorpii (AR Sco), composto da una nana rossa e dalla nana bianca pulsar che ha un periodo di rotazione di poco meno di due minuti.

L’indagine sul sistema AR Scorpii è cominciata nel maggio 2015, quando un gruppo di astronomi dilettanti di varie nazioni si rese conto del suo strano comportamento. La cosa interessò vari osservatori portando al coinvolgimento dell’università di Warwick ma anche a quello dell’ESO e tra i telescopi usati nelle osservazioni ci fu anche il VLT. Alla fine, si resero conto che quella che inizialmente veniva ritenuta una strana stella variabile era in realtà una coppia di stelle.

Il sistema AR Scorpii è relativamente vicino, 380 anni luce dalla Terra, tuttavia le stelle che lo compongono sono piccoline e il loro comportamento è anomalo, elementi che hanno reso più difficile capire cosa stesse succedendo in un sistema che apparentemente non era interessante. La nana rossa è una stella del tipo più comune esistente nell’universo con una massa che è circa un terzo di quella del Sole. La sua compagna è una nana bianca, ciò che rimane alla fine del ciclo di vita di una stella di massa medio-piccola, come il Sole. Tra le due stelle c’è una distanza di circa 1,4 milioni di chilometri.

Inizialmente, il sistema AR Scorpii era stato classificato come una variabile Delta Scuti, un tipo di stella variabile, con un periodo di 3,56 ore. Tuttavia, le nuove osservazioni hanno permesso di stabilire che quello è in realtà il periodo orbitale impiegato dalle due stelle per ruotare l’una attorno all’altra. Un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” nel luglio 2016 descriveva questi risultati e anche le strane emissioni della nana bianca.

Ciò che rimane dopo la morte di una stella collassa fino a un punto che dipende dalla massa rimasta. La nana bianca del sistema AR Scorpii ha dimensioni simili a quelle della Terra ma la sua massa è circa 200.000 volte superiore. Tra le conseguenze di quel collasso c’è un campo magnetico molto potente e una rapida rotazione. In questo caso c’è un fenomeno unico perché la nana bianca accelera elettroni fino a velocità vicine a quelle della luce. Essi vengono proiettati nello spazio e quando colpiscono la nana rossa provocano una sorta di gigantesco lampo che avviene ogni 1,97 minuti.

Le indagini da parte dei ricercatori dell’università di Warwick sono proseguite e ora le conclusioni sono state pubblicate su “Nature Astronomy”. Secondo il professor Tom Marsh, uno degli autori di quest’articolo e di quello pubblicato l’anno scorso su “Nature”, i nuovi dati mostrano che la luce di AR Scorpii è fortemente polarizzata, mostrando che il campo magnetico controlla le emissioni dell’intero sistema. Da queste caratteristiche i ricercatori hanno dedotto che la nana bianca sia una pulsar, la prima di questo tipo mai scoperta.

Le pulsar sono oggetti ben conosciuti ma finora si è sempre trattato di stelle di neutroni, un’altra possibile fine della vita di una stella. Le stelle di neutroni hanno masse superiori a quella della Terra e per questo motivo la loro forza di gravità le fa collassare in volumi molto più piccoli. La nana bianca del sistema AR Scorpii ha dimensioni simili a quella della Terra, che ha un diametro di circa 12.700 chilometri, una stella di neutroni può avere un diametro di 10 chilometri, meno di un millesimo.

La concentrazione di massa di una stella di neutroni determina le caratteristiche che possono farla diventare una pulsar. Una nana bianca ha un campo magnetico molto meno intenso e ruota più lentamente ma nel caso del sistema AR Scorpii c’è un’interazione magnetica tra due stelle che fa la differenza. Gli autori della ricerca ritengono che ulteriori osservazioni, in particolare ai raggi X e alle frequenze radio, saranno importanti per determinare l’esatta natura dei meccanismi che generano le emissioni in quel sistema.

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