Un articolo pubblicato sulla rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” descrive la scoperta di una vasta onda di gas caldi nell’ammasso galattico di Perseo che si estende per circa 200.000 anni luce. Un team di astronomi guidati dal dottor Stephen Walker del Goddard Space Flight Center della NASA ha combinato osservazioni effettuate con l’Osservatorio per i raggi X Chandra della NASA e altre alle frequenze radio con simulazioni al computer per studiarla.
L’ammasso galattico di Perseo, conosciuto anche come Abell 426, è relativamente vicino, a 240 milioni di anni luce dalla Terra e si estende per circa 11 milioni di anni luce. L’onda di gas caldi ha un’estensione doppia del diametro della Via Lattea eppure sembra piccola rispetto all’intero ammasso in cui è stata trovata. Ciò è normale perché l’ammasso è formato da oltre mille galassie costituendo uno dei più vasti ammassi di quest’area dell’universo.
La maggior parte della materia osservabile negli ammassi galattici è nella forma di gas caldissimo, a temperature medie di decine di milioni di gradi. Per questo motivo, questo gas è visibile solo ai raggi X e l’ammasso di Perseo è il più brillante a quelle frequenze. L’Osservatorio Chandra è lo strumento ideale per studiare questo gas e ha permesso di trovare una varietà di strutture al suo interno.
Ci sono strutture interessanti come vaste bolle “soffiate” dal buco nero supermassiccio nella galassia centrale dell’ammasso, NGC 1275. Tuttavia, quella che ha richiamato la maggior attenzione è una curiosa formazione concava a onda, chiamata in gergo “bay”, indicata nell’ovale nell’immagine.
Gli astronomi hanno investigato sulla struttura bay combinando molti giorni di osservazioni di Chandra che comprendevano un totale di 10,4 giorni di dati ad alta risoluzione e 5,8 giorni di osservazioni a campo più ampio sfruttando energie tra i 700 e i 7.000 elettronvolt. I dati di Chandra sono stati filtrati per evidenziare i bordi delle strutture e rivelare dettagli più piccoli.
La fase successiva della ricerca è stata costituita dal confronto dei dati elaborati di Chandra con simulazioni al computer sulla fusione di ammassi di galassie sviluppate dall’astrofisico John ZuHone dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge, realizzate con il supercomputer Pleiades all’Ames Research Center della NASA.
Nell’ultima classifica Top 500 dei supercomputer del novembre 2016, Pleiades si è piazzato al n. 13 con i suoi 7.100 TFlop di picco. Nel 2011 Pleiades era nella Top 10 ma la concorrenza in questo campo è notevole e nonostante sia stato potenziato negli anni successivi ha perso qualche posizione nella classifica.
Una delle simulazioni ha fornito una possibile spiegazione per la formazione bay, basata sul fatto che il gas in un ammasso grande come quello di Perseo si è depositato in una regione centrale più fredda, dove ciò significa 30 milioni di gradi Celsius, e un’altra attorno a essa dove il gas ha una temperatura tripla. Un ammasso molto più piccolo può essere passato vicino a quello di Perseo causando una turbolenza gravitazionale che ha creato una spirale di gas freddo.
Quest’evento ha avuto conseguenze dopo circa due miliardi e mezzo di anni, quando il gas è arrivato a 500.000 anni luce dal centro e si sono formate grandi onde che hanno cominciato a rotolare verso la periferia per centinaia di milioni di anni prima di dissiparsi. Si tratta di un caso di instabilità di Kelvin – Helmholtz, un tipo di instabilità fluidodinamica che si presenta quando i diversi strati di un fluido sono in moto relativo gli uni rispetto agli altri.
Non sarebbe la prima instabilità di Kelvin – Helmholtz scoperta nello spazio ma sarebbe la più grande. I ricercatori hanno scoperto una relazione tra la dimensione delle onde e la forza del campo magnetico dell’ammasso: se esso è troppo debole le onde raggiungono dimensioni molto maggiori, se esso è troppo potente non si formano per niente.
Per questo motivo, instabilità di Kelvin – Helmholtz di questo tipo possono aiutare a investigare sui campi magnetici degli ammassi galattici che non potrebbero essere misurati in nessun altro modo. In sostanza, si tratta di fenomeni con enormi estensioni nello spazio e nel tempo che possono fornirci nuove informazioni sulle strutture più grandi dell’universo.
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