I buchi neri supermassicci crescono molto in galassie isolate piccole ma massicce

MRK 1216
MRK 1216

Un articolo in fase di pubblicazione sulla rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” descrive una ricerca su galassie isolate con una massa simile alle prime galassie ellittiche ma molto più piccole in cui il buco nero supermassiccio centrale ha inibito la formazione stellare ed è cresciuto più del normale. Un team di ricercatori ha usato dati raccolti dall’osservatorio per raggi X Chandra della NASA per esaminare le galassie MRK 1216 e PGC 032873, soprannominate red nugget, relitti delle prime galassie massicce che si formarono nel primo miliardo di anni dopo il Big Bang.

Le galassie MRK 1216 – nell’immagine in alto (X-ray: NASA/CXC/MTA-Eötvös University/N. Werner et al.; Optical: NASA/STScI) vista alle frequenze visibili dal telescopio spaziale Hubble e ai raggi X dall’osservatorio Chandra – e PGC 032873 si trovano rispettivamente a 295 e 344 milioni di anni luce dalla Terra perciò in termini astronomici sono relativamente vicine.

Le prime galassie del tipo conosciuto come red nugget che vennero trovate erano a miliardi di anni luce dalla Terra e ciò rende molto più difficile studiarle in modo dettagliato. La maggior parte delle galassie di quel tipo è passata attraverso processi di fusione che le ha modificate notevolmente ma ce ne sono ancora alcune che sono rimaste isolate perciò è possibile vedere la loro evoluzione senza interferenze esterne.

Un team di ricercatori, che include l’italiano Massimo Gaspari dell’Università di Princeton, coordinato dalla Mta-Eötvös University Lendület di Budapest ha analizzato osservazioni effettuate con l’osservatorio per i raggi X Chandra per esaminare le galassie MRK 1216 e PGC 032873 scoprendo la dimensione fuori dal normale dei buchi neri supermassicci al loro centro e l’influenza che hanno sulla formazione stellare in quelle due galassie.

In entrambe le galassie red nugget studiate c’è un nucleo galattico attivo perché c’è molto gas attorno al buco nero supermassiccio che viene scaldato tanto da emettere forti radiazioni elettromagnetiche tra cui i raggi X rilevati da Chandra. L’immagine in basso (NASA/CXC/M.Weiss) mostra un’illustrazione artistica di quella situazione con materiali che vengono in parte ridirezionati verso l’esterno a velocità elevatissime a causa dei fortissimi campi gravitazionali e magnetici. Quel processo impedisce al gas interstellare di raffreddarsi a sufficienza per formare nuove stelle.

A causa del loro isolamento, solo il gas che forma l’alone che circonda queste galassie fornisce nuovi materiali per l’accrescimento. L’attività del buco nero supermassiccio in quelle galassie relativamente piccole aumenta la sua crescita in modo anomalo. Ad esempio, la massa di quello al centro della galassia MRK 1216 è stimata in circa 5 miliardi di volte quella del Sole, oltre mille volte quella del buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea.

Il modello che spiega questa crescita è chiamato “chaotic cold accretion” (CCA). In parole molto semplici, si forma una sorta di pioggia di gas che si condensa all’esterno dell’alone caldo della galassia e viene attirato dal buco nero supermassiccio aumentandone la massa in modo rapido e alimentando il nucleo galattico attivo.

L’influenza dei buchi neri supermassicci sulla formazione stellare e altre loro influenze sulle galassie che li ospitano sono state al centro di varie ricerche nel corso degli ultimi anni. Strumenti come Chandra permettono di studiare le emissioni elettromagnetiche attorno a essi per capire meglio le loro attività estreme.

Concetto artistico del nucleo galattico attivo di MRK 1216
Concetto artistico del nucleo galattico attivo di MRK 1216

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