Una nuova tecnica per mappare la materia oscura negli ammassi galattici

L'ammasso galattico Abell S1063 (Immagine NASA, ESA, and M. Montes (University of New South Wales, Sydney, Australia))
L’ammasso galattico Abell S1063 (Immagine NASA, ESA, and M. Montes (University of New South Wales, Sydney, Australia))

Un articolo pubblicato sulla rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” descrive un nuovo metodo per rilevare e mappare la materia oscura esistente negli ammassi galattici con una precisione superiore rispetto a quelli finora utilizzati. Mireia Montes dell’Università del Nuovo Galles del Sud, in Australia, e Ignacio Trujillo dell’Istituto di Astrofisica delle Canarie, in Spagna, hanno sfruttato la cosiddetta luce intracluster, la debole luce all’interno degli ammassi galattici prodotta dalla loro interazione, rilevata nel programma Hubble Frontier Fields, per mappare la distribuzione di materia oscura al loro interno.

Tra il 2013 e il 2017, il programma Frontier Fields ha utilizzato il telescopio spaziale Hubble per osservare ammassi galattici. Queste osservazioni hanno raggiunto livelli di dettaglio mai visti per galassie dalla luce tra le 10 e le 100 volte più tenue di quelle osservate prima grazie alla possibilità di sfruttare i loro effetti di ingrandimento di lenti gravitazionali per vedere galassie più lontane.

Quelle osservazioni degli ammassi galattici riescono a rilevare la luce intracluster, visibile in blu nelle immagini, generata come conseguenza dell’interazione tra le galassie che li formano. La luce è quelle delle stelle che vengono strappate dalla loro galassia a causa delle interazioni gravitazionali e finiscono in altre aree dell’ammasso, attirate verso le regioni dove c’è una maggiore concentrazione di materia e quindi dove la gravità è più forte. La materia oscura è presente in quantità molto maggiore rispetto alla materia ordinaria dato che costituiscono rispettivamente l’85% e il 15% della materia presente nell’universo, perciò è quella che genera gli effetti gravitazionali maggiori, permettendo di mapparla.

La dottoressa Mireia Montes ha spiegato che le stelle osservate nel campione di sei ammassi utilizzati per il test hanno una distribuzione identica a quella della materia oscura per quanto la nostra tecnologia corrente ci permette di studiarla. In sostanza le stelle offrono un modo di vedere la materia oscura aggirando almeno parzialmente il problema principale che hanno gli astronomi, cioè il fatto che sia invisibile e quindi dev’essere mappata in modo indiretto.

Questo tipo di mappatura della materia oscura è più preciso rispetto agli altri finora utilizzati ed è anche più rapido. Ad esempio, nel caso degli ammassi galattici del programma Frontier Fields, l’analisi degli effetti di lente gravitazionale generati dalla forza di gravità della materia oscura richiedono molto tempo per ricostruirne la distribuzione mentre il nuovo metodo richiedo solo immagini di campo profondo.

Il dottor Ignacio Trujillo ha spiegato che le immagini del programma Frontier Field mostravano la luce intracluster con una chiarezza senza precedenti e ha anche sottolineano le possibilità di indagine sulla natura della materia oscura con il nuovo metodo di mappatura. In particolare ha parlato del fatto che la materia oscura sembra interagire con la materia ordinaria solo tramite la forza di gravità ma se essa auto-interagisse in qualche modo sarebbe possibile rilevare piccole differenze nella sua distribuzione rispetto al fioco bagliore delle stelle. Si tratterebbe di un nuovo fronte di indagine più specifico.

Mireia Montes e Ignacio Trujillo intendono estendere il loro studio ad altri ammassi galattici per verificare l’accuratezza della loro tecnica di mappatura della materia oscura. Trujillo vorrebbe provare a usarlo anche per mappare la materia oscura in singole galassie, ad esempio esplorando i loro aloni stellari sfruttando le stelle che circondano le galassie come risultato di fusioni.

La luce intracluster è considerata un problema nell’uso di lenti gravitazionali perché interferisce con la visione delle galassie più lontane ma la nuova tecnica per mappare la materia oscura potrebbe trasformarla in un vantaggio. Ulteriori studi di altri ammassi galattici o anche di galassie singole, potrebbero essere condotti da diversi team di ricercatori e ciò è importante per verificarne la validità. Se la precisione dei risultati verrà confermata, permetterà di testare i vari modelli riguardanti la materia oscura e anche quelli alternativi proposti da chi ritiene che in realtà non esista.

L'ammasso galattico MACS J0416 (Immagine NASA, ESA, and M. Montes (University of New South Wales, Sydney, Australia))
L’ammasso galattico MACS J0416 (Immagine NASA, ESA, and M. Montes (University of New South Wales, Sydney, Australia))

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