La miglior immagine della Nebulosa Medusa ottenuta grazie al telescopio VLT

Immagine della Nebulosa Medusa ottenuta usando il telescopio VLT (Immagine ESO)
Immagine della Nebulosa Medusa ottenuta usando il telescopio VLT (Immagine ESO)

L’immagine più dettagliata mai ottenuta della Nebulosa Medusa è stata catturata usando il telescopio VLT (Very Large Telescope) dell’ESO in Cile. Essa rivela in maniera molto migliore i filamenti di gas incandescente che la compongono. Si tratta dei filamenti serpentini che hanno dato origine al nomignolo Medusa con cui è comunemente conosciuta ispirandosi al mito della creatura con serpenti al posto dei capelli. Questa nebulosa mostra ciò che potrebbe accadere al Sole fra alcuni miliardi di anni.

La Nebulosa Medusa è conosciuta scientificamente con vari nomi e sigle: Sharpless 2-274, Abell 21 o PN A66 2. Si tratta di una nebulosa planetaria, cioè una nebulosa composta da gas ionizzati che emettono radiazione elettromagnetica. Il nome venne dato nel XVIII secolo dall’astronomo William Herschel, che pensò che si trattasse di pianeti in formazione. Oggi sappiamo che si tratta di fenomeni diversi ma il nome è rimasto.

Le nebulose planetarie si possono formare quando una stella diventa una gigante rossa e i suoi strati esterni vengono espulsi. La ionizzazione causata dagli intensi ultravioletti emessi dal nucleo della stella fa sì che questi strati di gas emettano a loro volta radiazione elettromagnetica. Nel caso della Nebulosa Medusa, l’emissione è molto debole, anche a causa del fatto che è a circa 1.500 anni luce dalla Terra, rendendola difficile da osservare.

La stella che ha originato la Nebulosa Medusa era forse simile al Sole. Inizialmente, dopo la sua scoperta avvenuta nel 1955, gli astronomi pensarono che si trattasse di una nebulosa rimasta dopo una supernova. Negli anni ’70, grazie al calcolo dell’espansione e all’analisi termica venne stabilito che si trattava di una nebulosa planetaria.

La Nebulosa Medusa è stata fotografata moltissime volte nel corso dei decenni ma il VLT ha permesso di ottenere dettagli molto maggiori. Una caratteristica delle nebulose planetarie che aveva inizialmente ingannato gli astronomi era il bagliore verde, che nel XIX secolo venne attribuito a un nuovo elemento. Solo nel XX secolo venne stabilito che quella colorazione era causata dall’idrogeno doppiamente ionizzato ([OIII]).

Questo studio della Nebulosa Medusa è stato effettuato all’interno del programma ESO Cosmic Gems, che ha lo scopo di produrre immagini astronomiche intriganti o visivamente attraenti con i telescopi dell’ESO a fini didattici o per raggiungere il pubblico. Tuttavia, esse sono utili anche a fini scientifici, in questo caso mostrando meglio che mai una nebulosa che potrebbe mostrare ciò che accadrà fra qualche miliardo di anni quando il Sole raggiungerà l’ultima fase della sua vita diventando una gigante rossa per poi contrarsi in una nana bianca creando una nebulosa planetaria.

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