
Un articolo pubblicato sulla rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” descrive il più dettagliato studio mai fatto finora sulla variabilità delle Pleiadi. Un team di astronomi guidato dal dottor Tim White dello Stellar Astrophysics Centre dell’università danese di Aarhus ha usato un nuovo algoritmo per migliorare le osservazioni effettuate dal telescopio spaziale Kepler della NASA nella sua missione K2.
Il telescopio spaziale Kepler è stato progettato per esaminare migliaia di stelle fioche alla volta con la conseguenza che alcune stelle brillanti finiscono per essere troppo brillanti per poter essere osservate in maniera ottimale. Ciò che succede è che la nell’immagine di una stella del genere i pixel centrali vengono saturati causando una forte perdita di precisione nella misura della luminosità globale della stella. Si tratta di un problema analogo a quello delle comuni macchine fotografiche digitali, che non sono in grado di vedere dettagli fiochi e brillanti nella stessa immagine.
Tim White ha spiegato che la soluzione all’osservazione di stelle brillanti alla fine era piuttosto semplice ma in questi casi tutto è sempice dopo che qualcuno ci ha pensato. Misurare i cambiamenti in luminosità invece dei valori assoluti può risolvere il problema ma vari fattori possono ancora nascondere il segnale della variabilità stellare. Per eliminare il problema, il team di ricercatori ha sviluppato una nuova tecnica chiamata fotometria ad alone, un algoritmo semplice e veloce rilasciato come software libero / open source, disponibile sul sito di GitHub.
Questo metodo è stato applicato alle Sette Sorelle, le sette stelle più brillanti dell’ammasso delle Pleiadi (o M45): Asterope, Merope (o Dryope o Aero), Elettra, Maia, Taigete, Celaeno e Alcyone. L’ammasso è molto giovane in termini astronomici con un’età stimata in cento milioni di anni e le Sette Sorelle sono stelle massicce di classe B.
Dalla nuova analisi sei di esse sono risultate appartenere alla classe delle variabili pulsanti lente. In quelle stelle la luminosità cambia con periodi di durata giornaliera. Le frequenze di quelle pulsazioni sono una chiave per esplorare alcuni processi finora poco compresi nel nucleo di quelle stelle.
Maia è diversa dalle “sorelle” perché la sua variabilità ha un periodo regolare di 10 giorni. Precedenti ricerche avevano mostrato che appartiene a una classe di stelle con concentrazioni anormali di alcuni elementi chimici come il manganese sulla sua superficie. Per capire se ci fosse un rapporto tra queste caratteristiche una serie di osservazioni spettroscopiche è stata eseguita con il telescopio Hertzsprung SONG.
Gli astronomi hanno notato che i cambiamenti di luminosità avevano lo stesso andamento delle variazioni di intensità delle righe di assorbimento del manganese nell’atmosfera di Maia. La loro conclusione è che le variazioni sono causate da una vasta area sulla superficie della stella che contiene quell’elemento la quale appare e scompare ogni dieci giorni, che è il periodo di rotazione di Maia.
Il nuovo metodo potrà essere utile anche nella ricerca di esopianeti, anche nelle missioni dei prossimi telescopi spaziali. Si tratta di un progresso utile ad esempio nelle osservazioni di stelle vicine come Alfa Centauri e che per il momento ha portato un risultato interessante nello studio delle Sette Sorelle delle Pleiadi.