Un articolo pubblicato sulla rivista “Astronomy & Astrophysics” descrive un nuovo studio della Nebulosa di Orione. Una combinazione di osservazioni effettuate con il radiotelescopio ALMA, con il telescopio IRAM da 30 metri e con lo strumento HAWK-I installato sul VLT dell’ESO ha permesso di creare un’immagine unica della Nebulosa di Orione. Si tratta di un’area di spazio in cui ci sono varie nubi molecolari dove concentrazioni di gas danno vita a nuove stelle in processi che possono essere studiati al meglio mettendo assieme i dati raccolti a diverse frequenze elettromagnetiche.
La Nebulosa di Orione, conosciuta anche come Messier 42 o M 42 oppure NGC 197, è un’incubatrice stellare a circa 1.350 anni luce dalla Terra ben conosciuta perché è visibile anche a occhio nudo a sud della Cintura di Orione. Al suo interno, ma ce n’è una anche dietro di essa, ci sono varie nubi molecolari, particolarmente interessanti per gli astronomi perché è al loro interno che vi sono le condizioni per la formazione di stelle. Ciò perché sono nubi interstellari in cui gli atomi di idrogeno hanno raggiunto livelli di temperatura e densità tali da permettere la formazione di idrogeno molecolare, cioè di molecole formate da due atomi di idrogeno ognuna, quello da cui si formano le stelle.
Per queste sue caratteristiche, la Nebulosa di Orione è stata studiata molte volte con molti strumenti diversi, a volte da ricercatori che si sono concentrati su una singola nube molecolare. In questo caso, è stato creato una sorta di ritratto che ne mostra una parte (immagine ESO/H. Drass/ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)/A. Hacar).
mettendo assieme 296 set di dati raccolti usando i radiotelescopi IRAM e ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), in rosso nell’immagine. Ad essi sono state aggiunge le osservazioni dello strumento HAWK-I (High Acuity Wide-field K-band Imager) montato sul VLT (Very Large Telescope), in blu nell’immagine.
Queste nuove osservazioni effettuate con i radiotelescopi ALMA e IRAM hanno sfruttato la tecnica dell’interferometria per combinare segnali di una serie di antenne bene separate e creare immagini molto più dettagliate rispetto a quelle prodotte nel passato. Ciò permette di vedere molto meglio i filamenti di gas freddo visibili solo con strumenti come ALMA, che può rilevare le lunghezze d’onda millimetriche. Sono presenti anche molte giovani stelle come l’ammasso del Trapezio, che comprende stelle bianco-blu in alto a sinistra nell’immagine.
Gli astronomi che hanno condotto questo nuovo studio della Nebulosa di Orione hanno identificato una rete di 55 filamenti, un risultato utile per capire meglio la loro struttura e composizione. Grazie alla potenza e sensibilità del radiotelescopio ALMA hanno rilevato la “firma” del diazenilio, un gas comune nelle nubi interstellari.
L’indagine sulla struttura dei filamenti e delle fibre che li compongono è fondamentale per capire i processi di formazione stellare. Nella Nebulosa di Orione c’è una situazione dinamica con nubi molecolari che potrebbero essere in fase di collasso per dare origine a nuove stelle, protostelle e stelle completamente formate. L’uso combinato di vari strumenti con caratteristiche diverse sta aiutando questa ricerca.
