Nuove scoperte rivelano il campo magnetico interstellare

Rappresentazione artistica dell'eliosfera con l'eliopausa e il termination shock (Immagine NASA/IBEX/Adler Planetarium)
Rappresentazione artistica dell’eliosfera con l’eliopausa e il termination shock (Immagine NASA/IBEX/Adler Planetarium)

Un articolo pubblicato sulla rivista “Astrophysical Journal Letters” descrive uno studio che ha utilizzato i dati della sonda spaziale IBEX della NASA e varie simulazioni del confine della bolla magnetica chiamata eliosfera, creata dai flussi di particelle emessi dal Sole, per migliorare le nostre conoscenze del campo magnetico interstellare. In particolare, questo studio ha cercato di determinare la forza e la direzione del campo magnetico all’esterno dell’eliosfera per capire le forze che agiscono nel vicinato galattico.

La sonda spaziale IBEX (Interstellar Boundary Explorer) della NASA è stata lanciata nell’ottobre 2008 proprio con lo scopo di esplorare i confini dell’eliosfera. Circa quattro anni fa essa aveva già rivelato la composizione della materia interstellare ma le indagini sono andate avanti perché IBEX è ancora attiva.

Qualche mese fa, è stata annunciata la scoperta di un “nastro” di atomi neutri energetici da parte della sonda spaziale IBEX. Ciò ha aiutato gli scienziati a spiegare alcuni misteri dei confini dello spazio interstellare. Tuttavia, riguardo all’origine di quel nastro c’era un’ipotesi che necessitava di verifiche.

Questo nuovo studio è basato sull’ipotesi proposta all’epoca per spiegare l’origine di quel nastro, cioè che si tratti di particelle che in realtà sono originate dal Sole e vengono riflesse all’interno dell’eliosfera. Parte dei protoni che fanno parte del vento solare vengono inviati indietro come atomi neutri dopo una complessa serie di scambi di cariche creando il nastro di IBEX. Questa teoria è coerente con le osservazioni della sonda spaziale e con le simulazioni effettuate indicando un processo che impiega dai tre ai sei anni.

Le rilevazioni effettuate in maniera diretta dalla sonda spaziale Voyager 1 sono state importanti perché essa è l’unica a essere nello spazio interstellare. Un mistero era rappresentato dal fatto che essa aveva attraversato il confine chiamato “termination shock” a circa 94 unità astronomiche (la distanza media della Terra dal Sole) di distanza dal Sole mentre la gemella Voyager 2 l’aveva attraversato a 84 unità astronomiche. Si tratta i circa un miliardo e mezzo di chilometri di differenza.

La differenza è stata spiegata con il ciclo solare, che determina differenze nell’intensità del vento solare. Le due sonde Voyager hanno effettuato misurazioni a quasi tre anni di distanza, abbastanza perché il termination shock si spostasse così tanto. Questo risultato mostra quanta influenza possano avere le varie forze che agiscono ai confini dello spazio interstellare.

Usando i dati raccolti dalle sonde spaziali Voyager e IBEX, gli scienziati stanno raffinando i modelli dell’azione del vento solare per creare simulazioni sempre migliori. Mettendo tutto assieme, hanno trovato conferme alla teoria sull’origine del nastro ai confini dello spazio interstellare. Pian piano, stiamo scoprendo cosa c’è davvero là fuori.

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