Le profonde fratture sulla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko sono state generate da stress meccanico

Un articolo pubblicato sulla rivista “Nature Geoscience” riporta un’analisi dei processi di erosione che hanno generato profonde fratture e faglie nel nucleo della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Un team di ricercatori guidato dal geologo Christophe Matonti dell’università di Aix-Marseille, in Francia, che include astronomi dell’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) e dell’Università di Padova, ha esaminato immagini catturate dalla macchina fotografica OSIRIS della sonda spaziale Rosetta dell’ESA per compiere un’analisi geologica e morfologica individuando due processi di formazione delle fratture. Secondo i ricercatori le fratture superficiali sono generate dagli sbalzi termici mentre quelle più profonde sono generate da sollecitazioni meccaniche.

La missione della sonda spaziale Rosetta è terminata il 30 settembre 2016 con il suo atterraggio sulla superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, un impatto che l’ha distrutta dato che non era stata progettata per quel tipo di manovra. Le ricerche sono invece continuate grazie all’enorme mole di informazioni sui processi che avvengono su una cometa durante il suo periodo di attività e altro ancora. In questo caso, i ricercatori si sono concentrati sulle faglie a volte profonde centinaia di metri per capire i processi che le hanno generate.

La sonda spaziale Rosetta ha trascorso poco più di due anni in orbita attorno alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko catturando immagini ad altissima definizione della superficie del suo nucleo a doppio lobo usando la macchina fotografica OSIRIS (Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System). Ciò ha permesso di ottenere dettagli impensabili prima di quella missione delle faglie esistenti. Già in passato erano state esaminate fratture poligonali dovute a raffreddamento ma ce ne sono altre ben più profonde, fino a 500 metri, in particolare nell’area del collo, dove i due oggetti originali che si sono uniti per formare questa cometa si sono scontrati.

I modelli sviluppati dai ricercatori indicano che almeno una parte di quelle profonde fratture è stata generata da stress meccanico e probabilmente la causa va ricercata nella tensione esistente tra i due lobi che formano il nucleo della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Anche sulla Terra in caso di terremoti o nei ghiacciai ci possono essere due corpi che spingono e si muovono l’uno rispetto all’altro in direzioni diverse generando stress meccanico. Il centro di gravità e il punto di contatto tra i due lobi del nucleo cometario sono diversi e ciò porta a torsioni con conseguente stress.

Olivier Groussin dell’università di Aix-Marseille, uno degli autori di questa ricerca, ha spiegato che è come se i materiali in ogni emisfero tirassero e si allontanassero l’uno dall’altro generando la torsione nel collo. Secondo i ricercatori, quest’effetto è dovuto alla rotazione della cometa combinata con la sua forma asimmetrica.

L’immagine (ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA; C. Matonti et al. (2019)) mostra il processo di stress meccanico. La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko è msotrata nei diagrammi a sinistra dall’alto e di lato. I fotogrammi sulla destra ingrandiscono i quadrati indicati sul collo della cometa. La freccia rossa indica lo stesso punto in entrambe le immagini, visto da prospettive diverse. Le linee rosse indicano fratture e faglie generate da stress meccaniche. Le linee verdi indicano gli strati a terrazze. Le due immagini al centro indicano questa parte del collo vista dalla macchina fotografica OSIRIS.

Questa ricerca suggerisce che lo stress meccanico agirebbe anche a grandi distanze dal Sole in periodi lunghissimi, miliardi di anni dopo la formazione di una cometa, mentre l’erosione che segue la sublimazione dei materiali ghiacciati è dominante su una scala di milioni di anni. Anche in questo caso, il collo è la regione più colpita.

Queste conclusioni sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko potrebbero essere applicate anche ad altri corpi celesti a due lobi. In questo momento, c’è un particolare interesse verso Ultima Thule, anche se la sua forma si è rivelata appiattita. Bisognerà aspettare fotografie più dettagliate che la sonda spaziale New Horizons della NASA sta lentamente inviando per capire se la storia di questi due corpi celesti mostra similitudini dal punto di vista dell’erosione.

L’ESA ha avuto il vantaggio di avere la sonda spaziale Rosetta in orbita attorno alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko mappandola completamente e ripetutamente. Gabriele Cremonese dell’INAF di Padova, un altro degli autori di questa ricerca, ha fatto notare che è la prima volta che geologi planetari hanno potuto compiere analisi così dettagliate di un corpo minore. È un’altra testimonianza della straordinaria missione compiuta da Rosetta.

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