Un articolo pubblicato sulla rivista “Nature Astronomy” riporta uno studio sulle deboli onde di plasma interstellare rilevate dalla sonda spaziale Voyager 1 della NASA. Un team di ricercatori guidato da Stella Koch Ocker della Cornell University ha usato una serie di rilevazioni condotte dalla Voyager 1 mentre ha percorso una distanza totale che è circa dieci volte la distanza media della Terra dal Sole che fornisce un’idea delle caratteristiche del plasma interstellare quando non viene alterato da eventi legati all’attività solare.
Il PWS (Plasma Wave Subsystem, nell’immagine, un diagramma della NASA della locazione e dell’antenna in comune con lo strumento PRA) è uno strumento delle due sonde spaziali Voyager progettato in particolare con la speranza che offrisse nuove informazioni sulle magnetosfere dei pianeti Giove e Saturno nel corso della loro missione. Questo strumento registra oscillazioni del plasma ed è quindi tornato a essere utile quando le Voyager sono entrate nello spazio interstellare.
La nuova missione interstellare della sonda spaziale Voyager 1 ha permesso di raccogliere dati sulla densità del plasma presente nel mezzo interstellare. L’influenza del Sole non è più dominante ma le sue emissioni continuano ad avere un’influenza anche a oltre 20 miliardi di chilometri di distanza. L’attività solare ha prodotto otto eventi tra il 2012 e il 2020 che hanno avuto un’influenza che si è estesa fino all’area in cui la Voyager 1 stava viaggiando. Le oscillazioni del plasma interstellare causate dall’attività solare hanno avuto una durata variabile da due giorni a un anno.
A partire dal 2017, tra un’oscillazione e la successiva, è stato possibile rilevare quelli che secondo i ricercatori sono segnali attribuibili a quello che è quasi il vuoto dove c’è solo un plasma interstellare molto tenue. La sonda spaziale ha condotto le sue rilevazioni a intervalli di circa il 30% della distanza media della Terra dal Sole per un totale di circa dieci volte quella distanza.
Stella Koch Ocker ha paragonato le emissioni del plasma interstellare a un mormorio a malapena udibile e monotono ma persistente. James Cordes, professore di astronomia alla Cornell University, un altro degli autori di questo studio, l’ha paragonato a una pioggia tranquilla e gentile aggiungendo che un’esplosione solare è come un fulmine durante una tempesta dopo la quale si torna a una pioggia leggera.
L’attività delle onde di plasma interstellare è maggiore di quanto pensassero gli scienziati. La possibilità di compiere queste rilevazioni dirette porta informazioni altrimenti impossibili da ottenere. I generatori a radioisotopi delle sonde spaziali Voyager saranno in grado di alimentare gli strumenti rimasti attivi ancora per qualche anno perciò forniranno ancora molti dati sull’ambiente interstellare mentre continuano il loro viaggio in quella che è davvero l’ultima frontiera.