Il mistero dell’Oggetto di Hamilton offre indizi su lenti gravitazionali e materia oscura

L'Oggetto di Hamilton visto da Hubble
Un articolo pubblicato sulla rivista “The Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” riporta una soluzione a un mistero astronomico riguardante due galassie che sembravano l’immagine speculare l’una dell’altra e sono risultate essere due immagini della stessa galassia separate a causa di una lente gravitazionale. Un team di ricercatori guidato da Richard Griffiths dell’Università delle Hawaii a Hilo ha usato osservazioni condotte con il telescopio spaziale Hubble per ottenere informazioni sufficienti a capire la natura di quello che è stato chiamato Oggetto di Hamilton perché scoperto dall’astronomo Timothy Hamilton. Nel frattempo, una terza immagine della galassia era stata scoperta, visibile in un’altra area del cielo sempre grazie alla lente gravitazionale.

Negli ultimi anni, gli effetti di lenti gravitazionali generate dalla distorsione gravitazionale di galassie o ammassi galattici sono stati esaminati in modo approfondito e sfruttati per ottenere maggiori informazioni su galassie lontanissime. In vari casi, le galassie osservate grazie a una lente gravitazionale sarebbero impossibili o almeno molto difficili da rilevare con gli attuali strumenti senza quell’effetto.

Questa comprensione delle lenti gravitazionali era molto più limitata nel 2013, quando Timothy Hamilton della Shawnee State University a Portsmouth, in Ohio stava esaminando immagini di quasar e trovò quello catalogato come AGN SDSS J223010.47-081017.8 e successivamente soprannominato Oggetto di Hamilton. L’immagine sembrava quella di due galassie interagenti ma le loro caratteristiche non erano quelle di un simile fenomeno.

La svolta per il mistero dell’Oggetto di Hamilton arrivò nel 2015, quando il suo scopritore lo mostrò a Richard Griffiths a un meeting della NASA. Immagini di galassie ingrandite e distorte da lenti gravitazionali stavano cominciando a diventare abbastanza comuni e Griffiths suggerì quella possibilità per confermarla successivamente quando scoprì l’immagine di un altro oggetto simile in un’altra indagine condotta usando il telescopio spaziale Hubble. L’immagine (Richard E. Griffiths (UH Hilo), Jenny Wagner (ZAH)) mostra le “copie” dell’Oggetto di Hamilton viste da Hubble.

Rimaneva da capire cosa generasse la lente gravitazionale. Immagini della Sloan Digital Sky Survey indicarono che c’era un ammasso galattico nell’area delle immagini ingrandite dalla lente gravitazionale. Rilevazioni spettroscopiche effettuate con gli osservatori Gemini e Keck alle Hawaii confermarono che quell’ammasso generava la lente gravitazionale.

Mettendo assieme le informazioni, il team che si era formato per studiare il fenomeno concluse che la galassia vista nelle immagini era a oltre 11 miliardi di anni luce dalla Terra. Un altro team aveva studiato nello stesso periodo l’ammasso galattico che genera la lente gravitazionale stabilendo che è a oltre 7 miliardi di anni luce dalla Terra.

L’effetto visto è inusuale anche per le lenti gravitazionali e ciò ha contribuito a ritardare l’identificazione della natura dell’Oggetto di Hamilton. È stato paragonato all’effetto che si può vedere in un salone degli specchi di un luna park. Un’ulteriore indagine con l’aiuto di Jenny Wagner dell’Università tedesca di Heidelberg portò a capire meglio la struttura dell’ammasso galattico esaminato. La scienziata ha sviluppato assieme al collega Nicolas Tessore un software per interpretare le lenti gravitazionali e in questo caso la conclusione è che materia oscura è distribuita attorno alle immagini in modo uniforme nello spazio su piccola scala.

In sostanza, la lunga ricerca sull’Oggetto di Hamilton ha portato alla scoperta di una lente gravitazionale che offre anche informazioni che possono essere utili negli studi sulla materia oscura. Ciò perché l’uniformità che può raggiungere la sua distribuzione ha conseguenze sulle possibilità riguardanti la massa delle sue particelle. L’ammasso galattico in cui è stata rilevata quella materia oscura offre una nuova occasione per mettere alla prova i vari modelli sviluppati per cercare di risolvere questo mistero cosmologico, compresi quelli alternativi che negano la sua esistenza.

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