Almeno due esplosioni hanno generato i resti di supernova 30 Doradus B

30 Doradus B (Immagine X-ray: NASA/CXC/Penn State Univ./L. Townsley et al.; Optical: NASA/STScI/HST; Infrared: NASA/JPL/CalTech/SST; Image Processing: NASA/CXC/SAO/J. Schmidt, N. Wolk, K. Arcand)
30 Doradus B (Immagine X-ray: NASA/CXC/Penn State Univ./L. Townsley et al.; Optical: NASA/STScI/HST; Infrared: NASA/JPL/CalTech/SST; Image Processing: NASA/CXC/SAO/J. Schmidt, N. Wolk, K. Arcand)

Un articolo pubblicato sulla rivista “The Astronomical Journal” riporta prove che i resti di supernova catalogati come 30 Doradus B, o semplicemente 30 Dor B, sono il frutto di almeno due supernove separate e non di una sola. Un team di ricercatori guidato da Wei-An Chen dell’Università Nazionale di Taiwan ha combinato osservazioni condotte con diversi telescopi in diverse bande elettromagnetiche per trovare le tracce di un vasto ma molto tenue involucro che si estende per 130 anni luce che si aggiunge ai resti visibili a frequenze ottiche. Allo stesso tempo, è stato rilevato un vento che genera una nebullosa del tipo che viene chiamato in gergo pulsar wind nebula. Sono resti che non possono essere stati generati da un’unica supernova.

30 Doradus B si trova nella cosiddetta Nebulosa della Tarantola, la più vasta regione di formazione stellare in quello che è conosciuto come Gruppo Locale, l’insieme di galasse che include la Via Lattea. Gli astronomi ritenevano che si trattasse dei resti di una singola supernova avvenuta nella Grande Nube di Magellano, una delle galassie nane satelliti della Via Lattea, distante circa 160.000 anni luce. Questo nuovo studio di questi resti indica che ci sono state due supernove vicine nello spazio ma lontane nel tempo.

Dati sono stati presi da una mappa della Grande Nube di Magellano creata usando il radiotelescopio ASKAP. Osservazioni di 30 Doradus B sono stte condotte ai raggi X (in viola nell’immagine) usando l’Osservatorio Chandra della NASA, a frequenze ottiche (in arancione e azzurro) usando il telescopio Blanco di 4 metri in Cile e agli infrarossi usando il telescopio spaziale Spitzer della NASA (in rosso). Osservazioni a frequenze ottiche sono state condotte anche con il telescopio spaziale Hubble (in bianco e nero).

Gli astronomi ritengono che la pulsar al centro dei resti 30 Doradus B e gli intensi raggi X siano stati prodotti da una supernova le cui emissioni hanno raggiunto la Terra circa 5.000 anni fa. Tuttavia, il grande e fioco alone visibile ai raggi X è troppo vasto per essere stato generato a quell’epoca. Ciò significa che c’è stata una supernova precedente molto tempo prima avvenuta nella stessa area.

I ricercatori non possono escludere che nel corso del tempo vi siano state anche più di due supernove nella stessa area che hanno contribuito a generare il grande e fioco alone. In una regione come la nebula della Tarantola, in cui c’è una notevole formazione di stelle massicce, è normale che vi siano diverse stelle vicine tra loro, che in certi casi possono formare sistemi multipli. Queste stelle consumano molto rapidamente il loro idrogeno e terminano la loro vita esplodendo in supernove.

Lo studio di resti di supernove multiple può aiutare a capire meglio la vita e soprattutto la morte di stelle massicce in aree dove ce ne sono parecchie in uno spazio relativamente ridotto. Gli effetti delle supernove sono tra gli oggetti di studio perché esse spingono enormi quantità di elementi generati durante la vita e l’agonia della stella progenitrice nello spazio interstellare che potranno finire in nuovi sistemi stellari e nuovi pianeti.

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