Galassie

La galassia NGC 1068 vista dal telescopio spaziale Hubble e nel cerchio la rappresentazione artistica del buco nero supermassiccio circondato da una spessa ciambella di gas e polvere (Immagine NASA/JPL-Caltech)

Un articolo pubblicato sullar rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society letters” descrive una ricerca sul buco nero supermassiccio al centro della galassia NGC 1068. Un team internazionale di astronomi guidato da Andrea Marinucci, dell’Università Roma Tre di Roma e associato INAF ha usato i telescopi spaziali XMM-Newton dell’ESA e NuSTAR della NASA per studiare la gigantesca struttura a forma di ciambella attorno al buco nero supermassiccio.

Immagine che mostra le apparizione della supernova SN Refsdal. Nel cerchio in alto una possibile apparizione nel 1998, in quello centrale l'apparizione del 2014 e in quello in basso l'apparizione del 2015 (Immagine NASA, ESA, S. Rodney (John Hopkins University, USA) and the FrontierSN team; T. Treu (University of California Los Angeles, USA), P. Kelly (University of California Berkeley, USA) and the GLASS team; J. Lotz (STScI) and the Frontier Fields team; M. Postman (STScI) and the CLASH team; and Z. Levay (STScI))

Il telescopio spaziale Hubble ha permesso di osservare una supernova proprio durante l’esplosione. Ciò grazie al fatto che la sua apparizione era stata predetta. Per la prima volta, l’utilizzo di complessi calcoli legati alla teoria della relatività hanno permesso di cogliere la supernova soprannominata Refsdal nel momento in cui è esplosa. È la prima volta che un risultato del genere è stato conseguito sfruttando l’effetto di lente gravitazionale dell’ammasso galattico MACS J1149.5 + 2223, che ha curvato la luce proveniente da quella stella mostrando l’esplosione più volte in diverse aree del cielo.

L'ammasso galattico MACS J0416.1-2403 osservato dal telescopio spaziale Hubble con la galassia soprannominata Tayna nel riquadro (Immagine NASA, ESA, and L. Infante (Pontificia Universidad Catolica de Chile))

Un articolo pubblicato sulla rivista “Astrophysical Journal” descrive la scoperta della galassia più tenue dell’universo primordiale. Secondo questo studio, questa galassia è nata quando l’universo aveva “solo” 400 milioni di anni circa e per questo motivo è stata soprannominata Tayna, che significa “primogenita” nella lingua Aymara. Per rilevarne la luce è stato utilizzato l’effetto di lente gravitazionale di un ammasso galattico. Esso ha permesso di catturare la luce estremamente fioca di un totale di 22 galassie antichissime usando i telescopi spaziali Hubble e Spitzer.

Le massicce galassie primordiali appena scoperte indicate nei cerchietti rossi (Immagine ESO/UltraVISTA team. Acknowledgement: TERAPIX/CNRS/INSU/CASU)

Un articolo pubblicato sulla rivista “Astrophysical Journal” descrive la scoperta delle più antiche galassie giganti effettuata grazie al telescopio VISTA (Visible and Infrared Survey Telescope for Astronomy) dell’ESO. Un team di astronomi guidato da Karina Caputi del Kapteyn Astronomical Institute all’Università di Groninga, in Olanda, ha individuato galassie che esistevano già quando l’universo aveva tra 750 milioni e 2,1 miliardi di anni. Questo risultato è sorprendente perché la nascita di galassie così massicce non era prevista così presto.

La galassia MCG+01-02-015, conosciuta anche come LEDA 1852 (Foto ESA/Hubble & NASA and N. Grogin (STScI), Acknowledgement: Judy Schmidt)

La galassia MCG+01-02-015, conosciuta anche come LEDA 1852, è stata fotografata usando lo strumento Advanced Camera for Surveys (ACS) del telescopio spaziale Hubble. La particolarità di questa galassia è che è estremamente isolata. Generalmente, le galassie fanno parte di ammassi a loro volta parte di formazioni più grandi, connesse tra loro in strutture chiamate filamenti galattici, formazioni a una scala immensa. Tra questi filamenti però esistono vuoti cosmici in cui a volte ci può essere una galassia solitaria.