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La regione di Mercurio su cui si è schiantata la sonda spaziale Messenger (Immagine NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington)

La NASA ha confermato che qualche ora fa la sonda spaziale Messenger ha terminato la sua missione schiantandosi sulla superficie del pianeta Mercurio. Messenger aveva esaurito il propellente e negli ultimi tempi erano state programmate varie manovre per allungarne di qualche giorno la vita. Alla fine, anche l’elio normalmente usato per la pressurizzazione del propellente era stato rilasciato in un getto che aveva dato l’ultima spinta alla sonda. Si conclude così una missione di grande successo che ci ha permesso di scoprire molte cose su Mercurio.

Il telescopio spaziale Hubble (Foto NASA)

Il 24 aprile 1990 lo Space Shuttle Discovery venne lanciato nella missione STS-31. Nella sua stiva trasportava un carico davvero speciale, il telescopio spaziale Hubble. Il giorno dopo esso venne posizionato nella sua orbita, a poco più di 550 chilometri di altitudine. Il 25 giugno, Hubble inviò le prime immagini, che rivelarono un difetto nello specchio primario che ne riduceva l’utilità. La prima di una serie missioni di servizio trasformò quello che aveva rischiato di diventare un terribile fallimento in un simbolo per scienza e tecnologia che va ben oltre l’astronomia.

Concetto artistico della ricerca di vita aliena basata su studi della Terra (in basso a destra), della diversità dei pianeti del sistema solare (a sinistra) e nella nuova frontiera su esopianeti lontani (in alto a destra) (Immagine NASA)

La NASA ha annunciato la creazione della coalizione NExSS (Nexus for Exoplanet System Science), un’iniziativa dedicata alla ricerca della vita su pianeti all’esterno del sistema solare. Si tratta di mettere assieme varie discipline perché questa ricerca va oltre la sola astronomia: ad esempio, è di interesse per ricercatori che si occupano di scienza planetaria e clima.

Mappa della radiazione cosmica di fondo con inserti che mostrano la Macchia Fredda vista da PS1 e Planck Surveyor (Immagine ESA/Planck collaboration. Grafica Gergő Kránicz)

Quando gli astronomi cominciarono a studiare una mappa della radiazione cosmica di fondo, indicata con gli acronimi inglesi CMB o CMBR, il residuo delle primissime fasi di vita dell’universo, trovarono quella che venne chiamata Macchia Fredda. Si tratta di un’enorme area più fredda del previsto che potrebbe costituire la singola struttura cosmica più grande mai identificata. Secondo un team internazionale di scienziati è costituita da un supervuoto cosmico che ha una lunghezza di circa 1,8 miliardi di anni luce.