Stelle

L'eliosfera secondo le ultime misurazioni (Immagine Dialynas, et al.)

Un articolo pubblicato sulla rivista “Nature Astronomy” descrive una ricerca sulla forma dell’eliosfera, la “bolla” in cui la densità del vento solare è maggiore di quella della materia interstellare. Un team guidato da Kostas Dialynas dell’Accademia di Atene ha utilizzato dati raccolti di quattro sonde spaziali, Cassini, le due Voyager e IBEX (Interstellar Boundary Explorer), per provare che l’eliosfera ha una forma approssimativamente sferica e non allungata con una coda come sembrava ben più probabile.

La galassia NGC 7250 e la stella TYC 3203-450-1 (Immagine ESA/Hubble & NASA)

Un’immagine catturata dal telescopio spaziale Hubble ritrae la galassia irregolare NGC 7250, assieme alla stella TYC 3203-450-1, che è molto più vicina e quindi dalla Terra appare molto più brillante di un’intera galassia. La presenza di quella stella rende più difficile lo studio della galassia perchè la luce interferisce con quella più fioca di NGC 7250 inquinando le osservazioni di un oggetto interessante per le sue caratteristiche peculiari.

Concetto artistico del sistema HH 212 (Immagine Yin-Chih Tsai/ASIAA)

Un articolo pubblicato sulla rivista “Science Advances” descrive la rilevazione di una protostella chiamata HH 212 che si sta nutrendo di un disco di accrescimento di polvere. Un team guidato da Chin-Fei Lee della Academia Sinica Institute of Astronomy and Astrophysics (ASIAA, Taiwan) ha usato il radiotelescopio ALMA per cogliere un momento di una fase ancora poco conosciuta della formazione di stelle e forse anche dei loro pianeti.

L'esplosione nella Nube Molecolare di Orione 1 (Immagine ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), J. Bally/H. Drass et al.)

Un articolo pubblicato sulla rivista “Astrophysical Journal” descrive una ricerca sulla nascita di un gruppo di stelle massicce nella Nube Molecolare di Orione 1 (in inglese Orion Molecular Cloud o semplicemente Omc-1). Un team di astronomi guidato da John Bally dell’Università del Colorado ha utilizzato il radiotelescopio ALMA per vedere all’interno della nube e rilevare i detriti sparsi da quell’evento davvero caotico.

Foto del Sole poco prima del picco del primo brillamento (Foto NASA/SDO)

Nei giorni scorsi, la sonda spaziale SDO (Solar Dynamics Obersavatory) della NASA ha rilevato e documentato ben 3 brillamenti solari di classe M, quella che include i più potenti dopo la classe X, che non a caso significa “eXtreme” (estremo). Il primo ha avuto il suo piccolo il 2 aprile alle 10.02 italiane, il secondo alle 22.33 italiane e il terzo il 3 aprile alle 16.29 italiane.