Trovata una connessione tra le supernove e la formazione dei pianeti

I dati del telescopio volante SOFIA mostrano polvere sopravvissuta nei resti della supernova Sagittarius A Est (Immagine NASA/CXO/Herschel/VLA/Lau et al)
I dati del telescopio volante SOFIA mostrano polvere sopravvissuta nei resti della supernova Sagittarius A Est (Immagine NASA/CXO/Herschel/VLA/Lau et al)

Sulla rivista “Science” è stato pubblicato un articolo che illustra una ricerca condotta da un team internazionale di scienziati che hanno trovato le prove che le supernove possono generare una quantità di sufficiente di materiali che successivamente possono creare nuovi pianeti come la Terra. Questo team, diretto da Ryan Lau della Cornell University a Ithaca, New York, ha studiato in particolare una supernova esplosa circa diecimila anni fa usando uno strumento speciale, il telescopio volante SOFIA.

Gli osservatori volanti, con telescopi montati su aeroplani o palloni aerostatici, sono meno celebri dei telescopi spaziali ma esistono da decenni. SOFIA (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy) è un progetto della NASA e della DLR, l’agenzia spaziale tedesca, che usa un Boeing 747SP modificato per permettere l’uso di un telescopio di 2,5 metri di diametro.

Il telescopio volante SOFIA è specializzato nell’astronomia infrarossa grazie al fatto che alle altitudini a cui vola, tra i 12 e i 14 chilometri, c’è molto meno vapore acqueo ad assorbire quel tipo di luce. Per questa ricerca, è stato usato in particolare il suo strumento FORCAST (Faint Object InfraRed Camera for the SOFIA Telescope) per ottenere immagini dettagliate dei resti della supernova conosciuta come Sagittarius A Est o SNR Sgr A Est agli infrarossi.

In galassie molto lontane, che quindi ci appaiono com’erano in un’epoca in cui erano molto giovani, gli astronomi hanno trovato molta polvere. Era molto plausibile che essa fosse stata originata in supernove, anche perché erano già state trovate prove del fatto che grandi quantità di polvere potevano essere create in una supernova.

L’unico dubbio che rimaneva era se quella polvere potesse sopravvivere alla seconda onda d’urto. Si tratta di quella “di rimbalzo”, provocata dalla differenza di pressione termica tra i materiali espulsi dalla supernova e il mezzo circumstellare, che è più freddo.

Il telescopio volante SOFIA ha permesso di osservare i resti della supernova Sagittarius A Est, esplosa circa diecimila anni fa. Tali resti sono vicino al centro della Via Lattea e quindi abbastanza vicini per essere studiati e dedurne un comportamento più generale comune anche a stelle esplose miliardi di anni fa in galassie molto lontane.

Le osservazioni hanno permesso di stimare che una quantità tra il 7% e il 20% della polvere generata dalla supernova è sopravvissuta alla seconda onda d’urto. Questa stima è stata effettuata grazie a misurazioni a lunghezze d’onda infrarosse lunghe della nube di polvere di Sagittarius A Est. L’intensità delle emissioni ha permesso di valutare la massa totale della massa di polvere.

Secondo i ricercatori, la stima di polvere sopravvissuta alla seconda onda d’urto significa che più polvere del previsto potrebbe essersi conservata in condizioni simili a quelle dell’universo primordiale. Ciò conferma l’ipotesi che la polvere presente nelle galassie più antiche sia stata generata da supernove.

Le nubi di polvere hanno il potenziale per formare nuove stelle e soprattutto gli elementi più pesanti di idrogeno ed elio possono formare pianeti rocciosi. È per questo che siamo anche figli di antiche stelle che miliardi di anni fa sono esplose formando elementi che ora fanno letteralmente parte di noi.

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