
Un articolo pubblicato sulla rivista “Nature Astronomy” offre una soluzione a un mistero riguardante una configurazione delle orbite di coppie di esopianeti scoperte nel corso degli anni dal telescopio spaziale Kepler della NASA. Secondo Sarah Millholland e Gregory Laughlin dell’Università americana di Yale l’obliquità, cioè l’inclinazione tra l’asse di questi pianeti e la loro orbita, è un elemento chiave per spiegare perché quelle orbite si trovano appena fuori dei naturali punti di equilibrio.
La NASA ha decretato la fine della missione del telescopio spaziale Kepler alla fine di ottobre 2018 ma le migliaia di esopianeti scoperti e i candidati ancora in fase di esame hanno arricchito enormemente nel nostre conoscenze sulle dinamiche esistenti nei sistemi stellari ponendo allo stesso tempo varie nuove domande. Circa il 30% delle stelle simili del Sole ha pianeti con dimensioni tra quelle della Terra e di Nettuno con orbite quasi circolari e complanari, cioè giacciono sullo stesso piano, con un anno inferiore ai 100 giorni terrestri.
La scoperta forse più curiosa è che molti di questi esopianeti esistono in coppie che si trovano appena fuori dai naturali punti di equilibrio che tipicamente occupano a causa delle interazioni gravitazionali che esistono tra i vari pianeti e con le loro stelle. Questo mistero ha portato ad anni di discussioni per capire i meccanismi dietro a quel tipo di configurazione.
Precedenti ricerche suggerivano che effetti di marea generati dalle loro stelle potessero portare a quel tipo di configurazione planetaria ma sono insufficienti. Secondo Sarah Millholland e Gregory Laughlin dell’Università di Yale c’è una connessione con le “onde di obliquità” generate quando una notevole inclinazione tra l’asse dei pianeti e la loro orbita è mantenuta da un accoppiamento associato a una risonanza secolare. In quei casi la dissipazione mareale viene enormemente aumentata e ciò influisce sulle orbite con conseguenze sulle loro caratteristiche.
Gregory Laughlin ha spiegato che la forte inclinazione dell’asse di questi esopianeti ha un notevole impatto sul loro clima e quindi sul tempo atmosferico con stagioni molto più estreme rispetto a pianeti con un’obliquità minore. Assieme a Sarah Millholland, ha già cominciato a lavorare a un seguito di questo studio per esaminare come le strutture di questi esopianeti rispondono nel corso del tempo a una pronunciata obliquità.
Questa ricerca offre una soluzione a un mistero di una configurazione orbitale “esotica” ma non si tratta solo di risolvere una curiosità scientifica perché le implicazioni riguardanti le condizioni sulla superficie dei pianeti rocciosi possono essere davvero importanti. Le stagioni estreme e fenomeni atmosferici inusuali possono avere serie conseguenze sull’abitabilità di un pianeta roccioso anche in presenza di un’atmosfera simile a quella della Terra. Ciò mostra perché ogni ricerca sugli esopianeti è importante.