
Un articolo pubblicato sulla rivista “The Astrophysical Journal Letters” offre una spiegazione all’abbondanza di pianeti di tipo sub-nettuniano scoperta rispetto ai giganti gassosi. Un team di ricercatori guidato da Edwin Kite dell’Università di Chicago ha studiato le caratteristiche di questi pianeti offrendo come spiegazione quella che hanno chiamato crisi di fugacità in riferimento al termine che misura quanto più facilmente un gas si dissolve in una miscela di quanto ci si aspetterebbe in base alla pressione. Nel caso dei pianeti sub-nettuniani, i gas nella loro atmosfera si dissolvono nell’oceano di magma che probabilmente ricopre la superficie del loro nucleo roccioso.
Negli ultimi anni il numero di esopianeti conosciuti è salito ad alcune migliaia permettendo di creare qualche statistica basata sulle loro dimensioni e masse. Nei primi anni di ricerca degli esopianeti i giganti gassosi erano quelli più numerosi perché più facili da individuare ma la situazione è cambiata nettamente grazie a cacciatori di pianeti come il telescopio spaziale Kepler della NASA. Col passare degli anni, i pianeti sub-nettuniani, con dimensioni di poco superiori a quelle della Terra, sono diventati i più comuni e gli astronomi hanno cominciato a chiedersi perché certi pianeti sembrino smettere di crescere a dimensioni circa tre volte superiori a quelle della Terra.
Edwin Kite è uno scienziato planetario che studia le caratteristiche superficiali e atmosferiche di altri pianeti al Dipartimento di Scienze Geofisiche dell’Università di Chicago e ha provato ad applicare la sua esperienza al problema dell’abbondanza degli esopianeti sub-nettuniani. Assieme a Bruce Fegley Jr., Laura Schaefer ed Eric Ford ha esaminato la possibile evoluzione di esopianeti con un nucleo solido la cui superficie è ricoperta di magma, la probabile situazione della maggior parte dei pianeti vicini a quello che sembra un limite superiore delle dimensioni di circa tre volte quello della Terra.
L’immagine in basso (Cortesia Kite et al. Tutti i diritti riservati) mostra un grafico che illustra le possibilità di evoluzione degli esopianeti. Nella parte alta viene mostrata una situazione in cui non c’è la crisi della fugacità, dove un nucleo planetario interte e impermeabile permette di avere comunemente pianeti giganti gassosi. Nella parte bassa viene mostrata una situazione di crisi della fugacità dove c’è un’interazione tra atmosfera e oceano di magma sulla superficie del nucleo roccioso con l’assorbimento di gas.
Secondo la ricostruzione del team di Edwin Kite, nel corso dell’accrescimento dei pianeti il magma comincia ad assorbire una parte del gas in seguito alla crescita della pressione atmosferica. Inizialmente, l’assorbimento ha un ritmo regolare ma con la crescita della pressione l’idrogeno comincia a dissolversi molto più rapidamente nel magma.
Questo modello mostra una corrispondenza con i dati disponibili sugli esopianeti scoperti. Per ulteriori verifiche, Edwin Kite ha dichiarato che sarà possibile cercare certe caratteristiche per capire quali hanno effettivamente un nucleo con un oceano di magma e quali invece hanno un nucleo che si è raffreddato. C’è ancora molto da scoprire ma pian piano questi studi stanno aiutando a capire i processi di evoluzione planetaria.