L’esperimento LIGO ha rilevato per la seconda volta onde gravitazionali dalla fusione di due buchi neri

Vari schemi delle onde gravitazionali rilevate dall'esperimento LIGO (Immagine cortesia esperimento LIGO)
Vari schemi delle onde gravitazionali rilevate dall’esperimento LIGO (Immagine cortesia esperimento LIGO)

Durante una conferenza stampa al meeting dell’American Astronomical Society a San Diego, è stata annunciata la seconda rilevazione di onde gravitazionali provenienti dalla fusione di due buchi neri da parte dell’esperimento LIGO. Si tratta di un evento diverso dal primo, storico, annunciato l’11 febbraio 2016: stavolta la fusione è avvenuta circa 1,4 miliardi di anni fa ed è stata rilevata sulla Terra il 26 dicembre 2015. L’evento è descritto anche in un articolo pubblicato sulla rivista “Physical Review Letters”.

L’evento registrato il 14 settembre 2015, quello annunciato l’11 febbraio 2016, dall’esperimento LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) è stato un momento storico perché ha fornito la prima prova sperimentale dell’esistenza delle onde gravitazionali previste dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein. La validità di quella rilevazione è stata confermata da quella dell’evento del 26 dicembre 2015, indicato con la sigla GW151226.

Ancora una volta, le onde gravitazionali sono state prodotte da una fusione tra due buchi neri ma stavolta le loro masse sono nettamente inferiori a quelle che generarono il primo evento rilevato dall’esperimento LIGO. In questo caso, le masse stimate erano di 14 e 8 masse solari e la massa risultante è di circa 21 masse solari. Circa una massa solare è stata convertita nell’energia delle onde gravitazionali.

Il segnale del secondo evento è più debole rispetto al primo ma nel momento in cui i buchi neri si sono fusi la frequenza del segnale è diventata più elevata rientrando nell’intervallo rilevabile da LIGO prima rispetto al primo evento. Ciò ha permesso di osservare circa 27 orbite dei due buchi neri l’uno attorno all’altro, avvenute in circa un secondo mentre il primo evento ha avuto una durata di circa 0,2 secondi.

Nel secondo evento, uno dei buchi neri che si sono fusi ruotava su se stesso ed è la prima volta che è stato possibile stabilirlo. Ciò suggerisce che qualche evento abbia innescato quella rotazione come ad esempio l’aver rubato della massa da una stella compagna. Ciò può essere avvenuto anche prima del collasso che portò alla nascita di quel buco nero.

stato annunciato anche un terzo evento, rilevato il 30 ottobre 2015. Il segnale è più debole anche rispetto al secondo evento e ciò rende maggiori le possibilità che si tratti di una falsa rilevazione. Gli esami del terzo evento non hanno ancora fornito una risposta conclusiva ma anche se dovesse essere trovata un’origine diversa dalle onde gravitazionali sarà comunque utile per imparare a gestire meglio questo tipo di osservazioni.

Le ricerche sull’evento del 26 dicembre 2015 non sono finite: innanzitutto l’area d’origine è stata individuata in maniera molto approssimativa. Alle ricerche partecipa anche la collaborazione Virgo, che gestisce un esperimento simile terminato nel 2003 a Santo Stefano a Macerata, nel comune di Cascina (PI), in Italia. Siamo ancora agli inizi di un nuovo modo di osservare il cosmo grazie alle onde gravitazionali invece che a quelle elettromagnetiche rilevate dai normali osservatori astronomici.

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