Due nuove ricerche sono legate in modi diversi a emissioni provenienti dal pianeta nano Plutone. Un articolo pubblicato sulla rivista “Icarus” descrive una ricerca che, attraverso l’utilizzo dell’osservatorio per i raggi X Chandra della NASA ha rilevato le emissioni di raggi X di Plutone. Un altro articolo pubblicato invece sulla rivista “Nature” offre una spiegazione per il colore rossastro ai poli di Caronte, causato da metano strappato all’atmosfera di Plutone e ghiacciato dalle basse temperature.
Finora, le emissioni di raggi X più lontane all’interno del sistema solare provenivano dagli anelli di Saturno perciò in pochi si aspettavano che potessero provenire da Plutone, un pianeta nano freddo, roccioso e privo di campo magnetico. Tuttavia, in passato Carey Lisse dell’Applied Physics Laboratory (APL) della Johns Hopkins University aveva rilevato raggi X provenienti da una cometa perciò sapeva che le interazioni tra corpi planetari e vento solare possono generarli.
Carey Lisse e i suoi colleghi non solo hanno rilevato raggi X provenienti da Plutone usando l’osservatorio per i raggi X Chandra della NASA ma la loro intensità si è rilevata maggiore di quanto si aspettassero. Il team include anche scienziati che gestiscono lo strumento SWAP (Solar Wind Around Pluto) della sonda spaziale New Horizons della NASA, protagonista del volo ravvicinato al pianeta nano il 14 luglio 2015, che ha rilevato i flussi di particelle cariche provenienti dal Sole.
Lo strumento SWAP ha permesso di scoprire una debole onda d’urto nell’area in cui le particelle del vento solare colpiscono l’atmosfera di Plutone. Il risultato è un’attività energetica più simile a quella del pianeta Marte che a quella di una cometa nonostante la distanza dal Sole molto maggiore rispetto al pianeta rosso. Ci sono varie teorie per spiegare quel livello di raggi X che devono essere analizzate per cercare di capire se una di esse è corretta.
Questa scoperta potrebbe fornire la possibilità di esaminare anche altri corpi celesti della fascia di Kuiper per capire se Plutone sia unico o se ce ne siano anche altri che emettono raggi X. Nel frattempo, la sonda spaziale New Horizons sta terminando la trasmissione dei dati raccolti durante il volo ravvicinato e si sta dirigendo verso un altro oggetto ancor più lontano e lo strumento SWAP potrebbe rilevare qualcosa di interessante durante il viaggio.
La scoperta che i poli di Caronte, la più grande delle lune di Plutone, erano di un colore rossastro, è stata una delle sorprese avute quando le prime foto inviate dalla sonda spaziale New Horizons erano state ricevute. Un team della missione presso l’Osservatorio Lowell guidato da Will Grundy ha analizzato immagini e dati ricevuti nel corso dell’ultimo anno per cercare di risolvere il mistero e ha offerto una risposta.
Secondo gli scienziati il metano fuoriesce dalla superficie di Plutone sotto forma di gas, viene catturato dalla gravità di Caronte e finisce sulla superficie di questa luna. La luce ultravioletta proveniente dal Sole trasforma il metano in idrocarburi più pesanti e alla fine in composti organici rilevati anche su Plutone conosciuti come toline, che hanno appunto il colore rossastro che ha destato tanta sorpresa.
La teoria delle toline era già stata proposta l’anno scorso ma per una conferma i ricercatori hanno usato i dati raccolti dalla sonda spaziale New Horizons e modelli informatici sull’evoluzione del ghiaccio ai poli di Caronte. L’anno di Plutone dura circa 248 anni terrestri e ciò significa che sui poli di Caronte c’è luce per oltre un secolo e poi buio per oltre un secolo. Ciò provoca condizioni climatiche estreme con temperature fino a -257° Celsius che fanno gelare il metano.
Quando la luce ritorna il metano sublima ma gli idrocarburi più pesanti derivati dal metano rimangono sulla superficie di Caronte. La luce solare genera reazioni sufficienti a trasformarli in toline, come succede anche su Plutone. Questo processo continua da milioni di anni e ha finito per far diventare i poli di Caronte rossi. In particolare, l’area del polo nord, chiamata informalmente “Mordor Macula”, è ben visibile nelle fotografie scattate da New Horizons.
Pian piano gli scienziati stanno capendo quali processi avvengono su Plutone e Caronte eppure le sorprese sembrano non finire mai. Le nostre conoscenze della fascia di Kuiper sono ancora molto frammentarie e la missione New Horizons ci ha mostrato che anche a quella distanza dal Sole può esistere un mondo su cui c’è attività.
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