Nuovi indizi sull’origine dei lampi radio veloci in stelle di neutroni


Un articolo pubblicato sulla rivista “Astronomy & Astrophysics” riporta uno studio dei dati relativi a 43 lampi radio veloci che offre nuovi indizi della loro origine in stelle di neutroni. Un team di ricercatori italiani associati INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) ha usato osservazioni compiute con i radiotelescopi ASKAP e Parkes adattando un test degli anni ’60 per cercare di stabilire la loro distribuzione confrontandola con quella delle stelle. I risultati hanno riservato qualche sorpresa e non sono conclusivi ma è stato offerto un metodo che potrebbe essere la chiave per risolvere il mistero con certezza.

I lampi radio veloci sono stati rilevati per la prima volta nel 2007 analizzando dati d’archivio raccolti nel 2001 e costituiscono ancora un mistero perché emissioni radio così potenti richiedono un’energia stimata che è circa quella emessa dal Sole in 80 anni nonostante la loro durata sia di pochi millisecondi.

Nel gennaio 2018 un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” riportava prove che il lampo radio veloce catalogato come FRB 121102 era stato generato da una stella di neutroni, forse del tipo magnetar caratterizzato da un campo magnetico estremamente intenso. In quel momento si trattava dell’unico lampo ripetuto rilevato la cui origine è stata rintracciata in una galassia a circa 3 miliardi di anni luce dalla Terra.

Brian Metzger e Ben Margalit sono due ricercatori che hanno compiuto vari studi sull’argomento e in particolare su quel lampo radio veloce ripetuto offrendo una possibile spiegazione al meccanismo di origine, sempre in una magnetar, in un articolo pubblicato all’inizio del maggio 2019 sulla rivista “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”.

Uno dei problemi nelle ricerche sui lampi radio veloci è dato dalla loro scarsità e il radiotelescopio ASKAP costituisce un notevole aiuto dato che ha praticamente raddoppiato il numero degli eventi conosciuti. Infatti, dei 43 esaminati da Nicola Locatelli, Michele Ronchi, Giancarlo Ghirlanda e Gabriele Ghisellini, 23 sono stati rilevati da quel nuovo strumento e 20 da un altro radiotelescopio australiano, il Parkes.

L’immagine in alto (Cortesia D. Kaplan (UWM), E. F. Keane (SKAO). Tutti i diritti riservati), mostra il campo di vista del radiotelescopio Parkes sulla sinistra. Sulla destra ci sono viste sempre più ingrandite dell’area da cui è arrivato un lampo radio veloce. L’immagine in basso a destra mostra la galassia da cui l’evento ha avuto origine vista dal telescopio Subaru con sovrapposta una vista dell’Australian Telescope Compact Array (ATCA).

L’ipotesi da testare era che i lampi radio veloci fossero stati generati da stelle di neutroni e i quattro ricercatori hanno aggiunto l’idea che in quel caso la loro distribuzione nell’universo dovrebbe corrispondere a quella delle stelle.

Negli anni ’60 un grande mistero cosmologico riguardava l’origine dei quasar e all’epoca venne inventato il metodo chiamato V/Vmax per studiarne la distribuzione. Applicando quel metodo ai lampi radio veloci, il risultato è stato piuttosto sorprendente perché la distribuzione delle sorgenti non risulta uniforme. In sostanza, ci sono pochi di questi eventi vicini alla Via Lattea per crescere fino a circa sette miliardi di anni luce di distanza e calare di nuovo con la crescita della distanza.

Questa ricerca è stata basata su 43 lampi radio veloci, troppo pochi per poter ottenere risultati conclusivi. Il radiotelescopio ASKAP ha già dato una grossa mano, recentemente altri eventi sono stati scoperti dal radiotelescopio CHIME (Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment), in Canada, che ha visto la cosiddetta prima luce il 7 settembre 2017, il quale usa quattro semicilindri invece delle classiche antenne circolari. In futuro i ricercatori si aspettano di poter testare il loro metodo su molti altri lampi radio veloci.

Le antenne del radiotelescopio CHIME (Foto Mateus A. Fandiño)
Le antenne del radiotelescopio CHIME (Foto Mateus A. Fandiño)

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