Sull’esopianeta KELT-9b il giorno è talmente caldo da spezzare le molecole di idrogeno

Concetto artistico dell'esopianeta KELT-9b (Immagine NASA/JPL-Caltech)
Concetto artistico dell’esopianeta KELT-9b (Immagine NASA/JPL-Caltech)

Un articolo pubblicato sulla rivista “The Astrophysical Journal Letters” riporta uno studio dell’esopianeta KELT-9b con prove che le condizioni sono talmente estreme da arrivare a spezzare le molecole di idrogeno. Un team di ricercatori guidato da Megan Mansfield dell’Università di Chicago ha usato il telescopio spaziale Spitzer della NASA per trovare le prove che KELT-9b è un esempio estremo anche nella classe dei pianeti gioviani caldi per le condizioni esistenti sulla sua superficie. Non per nulla si tratta del pianeta più caldo conosciuto e sul lato diurno le molecole di idrogeno vengono spezzate per poi ricomporsi quando gli atomi si spostano sul lato notturno.

Distante circa 670 anni luce dalla Terra, l’esopianeta KELT-9b è stato scoperto grazie a transiti rilevati a partire dal 2014 da uno dei due telescopi Kilodegree Extremely Little Telescopes (KELT). Orbita molto vicino alla sua stella, al punto che il suo anno dura solo 36 ore, con la conseguenza che è in rotazione sincrona con essa. Un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” nel giugno 2017 riportava uno studio del pianeta KELT-9b che indicava che sul suo lato diurno la temperatura sulla superficie può superare i 4.600 Kelvin, superiore a quella di molte stelle nane.

Le caratteristiche estreme dell’esopianeta KELT-9b lo rendono interessante per le ricerche, quest’ultima condotta usando il telescopio spaziale Spitzer della NASA. Osservazioni ripetute nel corso di molte ore hanno permesso di rilevare i cambiamenti nell’atmosfera di KELT-9b quando, compiendo le proprie orbite attorno alla sua stella, ci mostra diverse sue facce. La sua faccia notturna è molto meno calda di quella diurna, ma si tratta sempre di temperature attorno ai 2.600 Kelvin.

I gas nell’atmosfera dell’esopianeta KELT-9b si spostano da un lato all’altro e i ricercatori hanno cercato di creare modelli che spiegassero quei flussi. Simulazioni al computer hanno permesso di testare varie ipotesi e quella che corrisponde meglio ai dati include molecole di idrogeno spezzate dal calore del lato diurno per poi ricomporsi sul lato notturno del pianeta. Megan Mansfield ha dichiarato che l’alternativa sarebbero venti a velocità di 60 chilometri al secondo, improbabili anche su un pianeta così estremo.

Condizioni peculiari anche per un pianeta gioviano ultracaldo sono utili anche per capire meglio le atmosfere degli esopianeti, in particolare con le interazioni tra le radiazioni provenienti dalla stella e i flussi di calore su KELT-9b. Nel caso specifico, c’è ancora da capire perché il “punto caldo” sul lato diurno di questo esopianeta non sia di fronte alla stella ma si stia allontanando da quella posizione. La ionizzazione dell’atmosfera potrebbe creare effetti magnetici che generano questo fenomeno e le ricerche continuano per verificare questa teoria.

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