Il cuore di Plutone come chiave per il suo riorientamento assieme a un oceano sotterraneo

La possibile origine di Sputnik Planitia e il successivo riorientamento di Plutone (Immagine cortesia James Keane)
La possibile origine di Sputnik Planitia e il successivo riorientamento di Plutone (Immagine cortesia James Keane)

Due articoli pubblicati sulla rivista “Nature” offrono una spiegazione al riorientamento del pianeta nano Plutone sul proprio asse. Il cuore della questione è nel grande bacino di Sputnik Planitia, già conosciuto come Sputnik Planum, ed è proprio il caso di dirlo perché è nella regione a forma di cuore. Secondo una delle due ricerche la spiegazione fornisce ulteriori indizi sulla presenza di un oceano sotterraneo.

James Keane dell’Università dell’Arizona, primo autore di una delle due ricerche, ha spiegato che ci sono due modi per cambiare la rotazione di un pianeta: il primo e più familiare è un cambiamento dell’inclinazione del suo asse rispetto al resto del sistema solare, il secondo è attraverso quello che è chiamato true polar wander, nel quale l’asse di rotazione rimane fisso rispetto al resto del sistema solare ma il pianeta si riorienta a causa di una spinta interna.

La chiave per capire questo fenomeno su Plutone sta nel fatto che questo pianeta nano è come una trottola che giace su un fianco e la conseguenza è che le regioni polari ricevono la maggior parte della luce solare. Nel corso dei 238 anni terrestri che formano un anno di Plutone l’azoto e altri gas si condensano sulle regioni in ombra permanente e successivamente si scaldano e tornano allo stato gassoso quando il Sole batte su quelle regioni.

Nella regione di Sputnik Planitia, l’azoto ghiacciato ha continuato ad accumularsi anno dopo anno. Una volta che quel ghiaccio ha raggiunto un certo spessore, che potrebbe essere attorno ai 100 metri, il peso è diventato tale da influenzare l’intero Plutone. L’eccesso di massa tende a spostarsi verso l’equatore e col passare di milioni di anni causa lo spostamento dell’intero pianeta nano.

Le spinte mareali rispetto a Caronte, la grande luna di Plutone, hanno portato il grande bacino nella posizione attuale e hanno anche provocato le fratture sulla crosta fotografate dalla sonda spaziale New Horizons della NASA nel suo passaggio ravvicinato del 14 luglio 2015. Il team guidato da James Keane ha effettuato simulazioni al computer che hanno fornito risultati molto simili alle fotografie del pianeta nano.

Le possibili forze mareali tra Plutone e Caronte sono state studiate anche dal team di Francis Nimmo dell’Università della California a Santa Cruz, che ha effettuato la seconda ricerca. Al centro della ricerca descritta c’è un oceano sotterraneo, che potrebbe aver spinto verso l’alto sulla crosta di Plutone in corrispondenza di Sputnik Planitia quando il bacino venne creato, probabilmente dall’impatto di un asteroide gigante o di una cometa.

Secondo il team di Francis Nimmo, il ghiaccio risalito verso la superficie si è raffreddato e irrobustito e il bacino si è riempito di ghiaccio di azoto. Anche secondo questa ricerca, ciò ha fornito la massa in eccesso che ha determinato il riorientamento dell’asse di Plutone con la differenza che la presenza di un oceano sotterraneo viene vista come probabile perché grazie ad essa sarebbe sufficiente uno strato di azoto spesso 7 chilometri per causare il riorientamento dell’asse.

L’idea della possibile esistenza di un oceano sotterraneo su Plutone è tutt’altro che nuova. Nel giugno del 2016 è stata pubblicata una ricerca che aggiungeva altri indizi ed era solo l’ultima riguardo a quest’argomento. Si tratta sempre di deduzioni che spiegano alcune formazioni geologiche oppure eventi come il riorientamento di Plutone.

In questo caso, si tratta di una teoria che mette assieme Sputnik Planitia e l’oceano sotterraneo. La sonda spaziale New Horizons della NASA ha recentemente finito di inviare i dati raccolti perciò è possibile che ci siano anche informazioni utili per capire meglio la questione, tutt’altro che risolta.

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